UGO ATTARDI

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BIOGRAFIA DI UGO ATTARDI

Ugo Attardi
Ugo Attardi

Nel lontano 1924, il padre di Attardi, un instancabile sindacalista, si trovò costretto a rinunciare al suo incarico. Questo accadde a seguito della soppressione, da parte del regime fascista, della Federazione dei lavoratori portuali di Genova, di cui era affiliato. Il padre, desideroso di sfuggire a questa oppressione, fece ritorno al suo paese natale, Santo Stefano Quisquina, in Sicilia. Tuttavia, il suo status di non iscritto al Partito nazionale fascista lo relegò all’interdizione dai pubblici uffici. Solo negli anni Trenta, trovò un impiego, mentre sua moglie si guadagnava da vivere come barista e sarta.

La Rinascita a Santo Stefano Quisquina e il Nuovo Inizio a Palermo

Assunto presso l’Istituto autonomo case popolari di Palermo, il padre decise di trasferire l’intera famiglia, compreso Attardi. Così, Attardi trascorse la sua infanzia e adolescenza nel cuore della Sicilia, nutrendo la sua inclinazione artistica per il disegno. Nel 1937, iscrisse al liceo artistico di Palermo e, dopo aver conseguito il diploma nel 1941, si immatricolò alla facoltà di architettura. Tuttavia, presto abbandonò questa strada in favore dell’Accademia di belle arti.

Dopo le vicissitudini della seconda guerra mondiale e l’abbandono dell’Accademia, nel 1945, Attardi decise di trasferirsi a Roma. Questo spostamento potrebbe essere stato influenzato dal richiamo di Pietro Consagra, un amico conosciuto durante gli anni del liceo. Assieme a Consagra, Attardi fu ospitato da Renato Guttuso, finché non prese uno studio in via Flaminia 58. In questo periodo, ebbe l’opportunità di entrare in contatto con artisti già affermati nella scena romana, come Mario Mafai, e si unì al Partito comunista italiano.

Il Debutto Artistico e l’Esplorazione dell’Astrazione

I primi dipinti di Attardi, come testimoniano le tele con Natura morta del 1944 e 1945, si ispirarono al neocubismo. Tuttavia, in queste opere, la scomposizione dei volumi si accompagnava a un uso del colore terreo e denso, richiamante i toni dell’espressionismo europeo, in particolare del primo Van Gogh e di Soutine. Questa inclinazione sincretica fu inaugurata in Italia dagli artisti del gruppo Corrente. Nel biennio 1945-46, alcune opere andate perdute, documentate solo fotograficamente, come i due Paese siciliano del 1945 e Estate del 1946, rivelano un primo tentativo di astrazione delle forme. In queste opere, Attardi si avventurò in una rappresentazione quasi infantile delle forme, evocando lo stile di Paul Klee.

Nel 1946, all’interno dello studio di Guttuso, dove si riuniva con Consagra, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, Attardi ebbe l’opportunità di conoscere Piero Dorazio, Giacomo Guerrini, Achille Perilli e successivamente Carla Accardi. Insieme a questi sette artisti, cui si unì in seguito Concetto Maugeri, Attardi diede vita nel 1947 al collettivo artistico denominato Forma 1.

Il Manifesto della Rinnovazione Artistica

Parallelamente, nel settembre del medesimo anno, insieme ai cofondatori del gruppo, partecipò all’esposizione “Pittura francese d’oggi” presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Quest’esperienza suscitò in lui una profonda impressione, tanto che l’influenza della pittura francese e della Scuola di Parigi, unita alle interazioni con Gino Severini, definito da Dorazio come “il provocatore dei nostri dubbi,” e Angelo Maria Ripellino, che informava i giovani vicini a Guttuso sulle avanguardie russe, plasmò l’approccio artistico di Forma 1.

Nel loro manifesto, redatto nel marzo 1946 e pubblicato nell’aprile 1947 sulla prima edizione della rivista Forma 1, gli artisti si autodefinirono “formalisti e marxisti,” evitando di considerare i due termini come dicotomici. Essi assunsero una posizione netta e intransigente nel fervente dibattito politico e artistico del secondo dopoguerra, contrapponendosi agli astrattisti e ai realisti italiani. Respinto il realismo come “spento e conformista,” romantico e borghese, essi propugnarono un ritorno alla forma pura, intendendo il colore e il disegno per la pittura, e la massa plastica per la scultura. L’obiettivo era rinnovare il linguaggio figurativo italiano alla luce delle innovazioni dell’astrattismo internazionale.

La Lettera a L’Unità e la Rivendicazione dell’Astrattismo

Nel novembre dello stesso anno, Attardi sottoscrisse insieme a Accardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Lucio Manisco, Maugeri, Saro Mirabella, Guglielmo Pierce, Perilli, Sanfilippo e Turcato una lettera indirizzata a L’Unità, intitolata “Gli astrattisti.” In questa lettera, gli autori difesero le ragioni dell’astrattismo contro il realismo, facendo riferimento alla situazione francese e alle rivoluzioni figurative di Picasso e Matisse all’inizio del Novecento.

Esposizioni e Riconoscimenti Internazionali

Dal 1947 al 1949, cogliendo l’opportunità di immergersi nell’ambito europeo, moderno e politico, Attardi partecipò attivamente alle principali mostre del gruppo Forma 1. Tra queste, si distinsero la III Mostra annuale dell’Art club presso la Galleria nazionale di arte moderna di Roma nel 1949, la I Mostra internazionale dell’Art club a palazzo Carignano a Torino e la III Mostra internazionale di Arte oggi alla galleria Strozzina di Firenze. Nel 1948, una delle sue opere fu selezionata per la Quinta rassegna nazionale di arti figurativi di Valle Giulia, organizzata dall’Ente quadriennale di Roma. Inoltre, la sua prima esposizione con Accardi e Sanfilippo fu allestita presso l’Art club della capitale.

Attraverso l’arricchimento cromatico e la trasformazione geometrica delle matrici post e neocubiste, emerse una nuova tavolozza nell’arte di Attardi. Opere come “Cactus in fiore,” “I due Paese sul mare” (1948 e 1949), e “Alba all’Isola delle Femmine” testimoniano chiaramente questa metamorfosi. L’astrattismo di Attardi si distinse per l’enfasi sul “telaio dinamico delle linee,” evidente in dipinti come “Fiori astratti” (1946), “Paesaggio astratto” (1947), e “Luminosità,” dove i tasselli cromatici si intrecciano con linee-forza dal sapore futurista.

Forma 1: Un Capitolo che Si Chiude

Tra il 1949 e il 1950, l’esperienza di Forma 1 giunse al termine, segnata da dissidi tra Dorazio, Perilli, Guerrini da una parte e Turcato, Consagra dall’altra. Nonostante ciò, Attardi, Accardi, e Sanfilippo esposero nuovamente nel 1950 presso la galleria Bergamini di Roma, con il catalogo curato da Enrico Prampolini.

Nel medesimo anno, nacque Aura, figlia di Attardi ed Elena Giaconia, conosciuta durante gli anni del liceo artistico di Palermo e sposata nel 1947.

La Svolta Realista: Impegno Etico-Politico

Nel 1951, durante la personale presso la galleria Il Pincio di Roma, Attardi presentò un gruppo di opere che segnò il suo avvicinamento alla figurazione. Opere come “Contrabbandieri,” “Carrettieri,” e “I feriti di Portella della Ginestra” riflettono un impegno etico-politico più manifesto. Il suo realismo, influenzato dagli eventi in Sicilia e dalle tensioni sociali, si discostò dall’astrazione pura. Raffigurando braccianti, minatori e ladri di patate con linee vigorose e tonalità terrene, Attardi trascese la cronaca, incarnando figure sopraffatte che “lottano per un significato più generale della vita.”

Con disegni e tele realistiche, fu invitato ad esporre alla Biennale di Venezia del 1952 e 1954, nonché alla Quadriennale di Roma del 1955. La sua arte si evolveva, abbracciando nuove sfide e narrando storie di resistenza e umanità.

Anno 1956: Rottura con il Partito Comunista e Inizio dell’Attività Artistica

Nel 1956, disertando il Partito Comunista Italiano per dissidi sulla politica post-invasione sovietica dell’Ungheria, l’artista inaugurò la sua carriera di incisore e illustratore. Fu incaricato di disegnare le tavole per le “Lettere dalla provincia” di Giovanni Battista Angioletti, pubblicate l’anno successivo a Roma.

Nel 1957, con la nascita del figlio Andrea, si unì alla redazione della rivista “Città Aperta”, orientata politicamente e culturalmente al marxismo. Collaborò con la rivista fino alla sua chiusura nel maggio 1958. Un suo articolo del 1958, intitolato “Dov’è il movimento?”, spiegava il pathos dietro le immagini indefinite nella sua pittura, attribuendo la drammaticità alla natura artificiale del paesaggio urbano.

Nel 1961, insieme a Vespignani, Calabria, Farulli, Gianquinto, Guccione, e i critici Del Guercio, Micacchi e Morosini, formò il collettivo “Il pro e il contro”. Questo gruppo, attivo fino al 1964, mirava a ridare centralità alla pittura e alla figurazione, con un impegno etico indipendente dalla politica.

Gli Anni ’60: Pittura, Viaggi, e Mostre Internazionali

Negli anni ’60, Attardi sviluppò temi come balconi, amanti alla finestra, e tramonti. Alcuni paesaggi assunsero influenze della Scuola romana, ma il suo stile si intorbidì dal 1960-62. Opere come “La veglia in Vaticano”, “Sogno violento”, e “Il bambino perduto” del 1961 mostrarono una pennellata compatta e colori più cupi, riflettendo frammenti autobiografici e presentimenti di violenza. Attraverso mostre internazionali, Attardi espose la sua arte a Praga, Mosca, Los Angeles, New York, Londra, Berlino, Parigi e Cuernavaca.

Verso la fine del decennio, la sua pittura testimoniò un’oscillazione stilistica, con opere come “Bambino che vola” e “Andromaca” del 1962, che mescolavano dimensioni oniriche e realtà, rappresentando incubi notturni e oppressioni diurne. “Il pro e il contro” si sciolse definitivamente nel 1964, segnando la fine di questa fase cruciale nella carriera di Attardi.

Il Nuovo Linguaggio Artistico di Attardi: Una Rivoluzione Anni ’60

Tra il 1962 e il 1964, in un periodo cruciale per “Il Pro e il Contro”, Attardi esplorò una nuova struttura narrativa nelle sue opere figurative. Ne “Corpo sulla città” (1964), “Kennedy” (1964; Troisi, 2011), “El sereno” (1962) e “Prigioniero” (1963), la tela si divide ora in modo bipartito, sia in orizzontale che in verticale. Le Pietà laiche delle prime due opere si stagliano su città appena accennate, affocate e segnate dalle pennellate, mentre personaggi solitari emergono dalle ultime due opere, quasi come apparizioni livide su sfondi bui, ravvivati da tocchi di giallo.

In “El sereno,” emergono le prime suggestioni ispirate a Bacon, mentre in “Prigioniero,” il bianco evoca El Greco. Il viaggio in Spagna accentua l’influenza di Velasquez e Goya. Nel “ciclo spagnolo” del 1965, esposto per la prima volta alla galleria La Nuova Pesa, le opere condividono il segno e l’inquietudine di “El sereno” e “Prigioniero.” Una suddivisione della materia pittorica in scomparti, simile a polittici moderni o retablos, si distingue, richiamando opere di Rauschenberg, Rosenquist e Schwitters. “Crucifixion en Zaragoza,” in particolare, denuncia il regime di Franco.

Il Cambiamento Tematico di Attardi

Attratto dalla Pop Art statunitense, in particolare al collage pop, Attardi sperimenta con opere distrutte come il polittico “Testimonianza per l’incoronazione e la morte di Giovanni XXIII” (1965). La tematica della violenza, inizialmente un presagio negli anni ’60, si trasforma nel ciclo spagnolo in repressione politica e religiosa. Dal 1966-67, Attardi la interpreta come una condizione umana di reciproca sopraffazione. Opere come “Senza pietà” (1966), “Assassini” (1967) e “Assassino volante” (1967) ritraggono corpi tozzi e sproporzionati, immersi in interni borghesi, esibendosi in episodi di brutalità.

Nel romanzo “L’erede selvaggio,” iniziato nel 1964 e completato nel 1967, Attardi dipinge un potente affresco delle tossicità presenti nel mondo siciliano. Pubblicato a Milano nel 1970, vinse il premio Viareggio nel 1971, ottenendo traduzioni in vari paesi europei.

Negli anni ’60, l’artista presentò a Roma una collezione eclettica comprendente 31 schizzi a grafite, tre incisioni all’acquaforte e una litografia nel volume “Questo matto mondo assassino”. Nel 1972, creò 18 incisioni in bianco e nero per “L’erede selvaggio” nella raccolta “Mitobiografia”. Queste tavole, descritte come “cerimonie inaspettate di terrore e crimine”, rappresentano un profondo desiderio per la tridimensionalità corporea, esplorato da Attardi negli stessi anni.

Nel 1968, il suo debutto plastico presso la Galleria Il Gabbiano di Roma includeva un mobile dipinto e scolpito, insieme a due bassorilievi, “Bambino malato” e “Addio a Che Guevara”. Emergono profili di idoli primitivi, una mescolanza tra il primitivismo di Gauguin e Picasso, trattati con uno stile “modellato sommario e pittorico”. Attardi iniziò anche il lavoro su un gruppo ligneo, “L’Arrivo di Pizarro”, completato nel 1971.

Epopée Artistica: Viaggi, Dolori, e Risonanze Africane

Gli anni ’70 furono segnati da mostre e viaggi in Africa e in Cina, ma anche dal dolore per la perdita del fratello Libero nel 1977. L’esperienza africana influenzò profondamente la sua produzione, con sculture come “Veneri esotiche e regali” che si riflettevano su tele e incisioni, spaziando tra l’astratto e l’indistinto.

A partire dalla personale a Parigi nel 1982, Attardi divenne protagonista di iniziative francesi, illustrando il romanzo surrealista di Philippe Soupault e contribuendo a un balletto al Centre Pompidou ispirato alle sue sculture. Parallelamente, realizzò costumi e scenografie per l’Opéra triangulaire di Henry Guédon e creò tavole illustrate per celebrare il bicentenario della nascita di Stendhal.

Ugo Attardi: Un Viaggio Artistico Unico

Negli anni Ottanta, Attardi si dedicò alla creazione di monumenti pubblici, come i bassorilievi “Per la libertà” e “I sogni del re normanno”. Queste opere, con elementi di realismo visionario, si discostano dai suoi lavori precedenti, come l’installazione “Dormiva nella mia stanza” del 1984.

Dalla metà degli anni Ottanta al 1992, partecipò a eventi artistici significativi, dalle Quadriennali di Roma alle retrospettive su Forma 1. Le sue creazioni spaziavano dai gioielli esposti alla galleria Spazio 3 di Roma nel 1991 alle illustrazioni per le Poesie di Emily Dickinson.

Gli ultimi dipinti di Attardi racchiudono ricordi di mostre e viaggi, come “Yo tambien soy medio pierna” e “Alba a New York”. Dopo un periodo promettente negli Stati Uniti, dipinse “Ulisse”, una figura eroica, collocata nel Battery Park di New York nel 1997.

Successi e Riconoscimenti Internazionali

Il 2000 segnò l’ultima presenza di Attardi in America, con un’antologica a Buenos Aires. In Italia, ricevette premi come il Fimis Una vita per l’arte nel 1996 e il premio Michelangelo nel 1999. Nel 2002, donò al Papa Giovanni Paolo II la scultura “Il Cristo”, ora parte dei Musei Vaticani.

Attardi scolpì la sua ultima opera, “Enea”, nel 2004, e morì a Roma nel luglio 2006. La sua carriera fu onorata con la medaglia d’oro per l’alto valore artistico nel 2002 e il titolo di Grande ufficiale della Repubblica nel 2006. La sua eredità artistica continua a ispirare generazioni successive.

 

 

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