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LE QUOTAZIONI di Ubaldo Oppi
I dipinti ad olio di grande dimensioni possono essere stimati tra i 50.000,00 e i 70.000 euro.
I dipinti di medie dimensioni possono valere anche 30.000,00 euro, mentre gli olii con dimensioni più ridotte hanno una valutazione che varia tra i 10.000,00 e i 20.000,00 euro.
Gli acquarelli potrebbero avere un valore anche superiore ai 5.000,00 euro in base alla dimensione e al soggetto raffigurato, mentre i disegni tra i 3.000,00 e i 4.000,00 euro.
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QUOTAZIONI INDICATIVE UBALDO OPPI
Tipologia opere | Dimensione | Quotazione |
Quadri olio su tela | grandi | 50.000 – 70.000 Euro |
Dipinti olio su tela | piccole | 10.000 – 20.000 Euro |
Acquarelli | medie | oltre i 5.000 Euro |
Disegni | medie | 3.000 – 4.000 Euro |
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BIOGRAFIA UBALDO OPPI
Ubaldo Oppi, nato a Bologna nel 1889, si trasferisce con la sua famiglia a Vicenza all’età di tre anni. I suoi genitori, proprietari di un negozio di calzature, notano presto il suo interesse per l’arte, ma invece di incoraggiare questa inclinazione, lo indirizzano verso gli studi di economia in Austria e in Germania.
L’Influenza dell’Arte Austriaca
Durante il suo soggiorno in Austria, Oppi si lascia affascinare dall’ambiente artistico secessionista, anziché concentrarsi sugli studi finanziari. Nel 1907, si iscrive alla scuola del nudo presso l’Accademia di Vienna, diretta all’epoca da Gustav Klimt. Nei due anni successivi, intraprende un viaggio attraverso l’Europa orientale, immergendosi in diverse culture e influenze.
L’Espressione a Venezia
I primi lavori di Oppi riflettono l’influenza del tardo Impressionismo, mescolato con elementi della Secessione nordica. Tornato in Italia, si stabilisce a Venezia, dove viene invitato dal critico Nino Barbantini a esporre a Ca’ Pesaro, un centro importante della Secessione veneziana.
L’Esperienza Parigina
Nel 1911, Oppi si reca a Parigi per ampliare ulteriormente il suo bagaglio culturale. Entra a far parte della comunità artistica “Italiens de Paris” e si confronta con le avanguardie artistiche rappresentate da artisti come Modigliani e Severini. Durante questo periodo, il suo stile subisce una metamorfosi, abbracciando sempre più l’estetica secessionista e le influenze di artisti come Picasso.
Il Ritorno in Italia e la Trasformazione
Con lo scoppio della guerra, Oppi fa ritorno in patria e si arruola come ufficiale degli Alpini. Dopo la guerra, nel 1919, riprende l’attività pittorica, ma con una nuova prospettiva. Come molti altri artisti del suo tempo, abbandona gradualmente l’estetica secessionista per abbracciare un ritorno all’ordine e una riscoperta della tradizione rinascimentale italiana.
Nel 1923, Oppi ottiene riconoscimento come uno dei “Sette pittori di Novecento”, un gruppo voluto da Margherita Sarfatti come esponenti del “classicismo moderno”. Espone alla prima mostra di Novecento presso la Galleria Pesaro di Milano insieme ad altri artisti di spicco dell’epoca.
Introduzione all’Esposizione del 1923
Dunque, nell’anno 1923, si presenta alla primaria esposizione del Novecento presso la rinomata Galleria Pesaro situata a Milano, in compagnia di Achille Funi, Mario Sironi, Arturo Martini, Leonardo Dudreville, Anselmo Bucci, Emilio Malerba e Pietro Marussig.
Il Trionfo alla Biennale
Nel seguito dell’anno successivo, ecco Ubaldo Oppi in mostra alla Biennale di Venezia, presentando opere che dipingono paesaggi e personaggi, rivelando un chiaro intento di reinterpretare il glorioso Rinascimento italiano.
La sua arte si manifesta classica e immacolata, fluida e plastica, evocando valori antichi e impeccabili. Tuttavia, la sua partecipazione con una mostra di tale portata scatena contrasti con gli altri esponenti del movimento Novecento.
Sarfatti, ottenendo una sala espositiva grazie all’appoggio di Mussolini, si scontra con lo spirito della Biennale stessa. Ugo Ojetti, disapprovando l’azione di Sarfatti, offre a Oppi uno spazio espositivo indipendente, il quale accetta senza esitazione, lasciando i suoi compagni per questa occasione. Questo atto segna la sua separazione dal Gruppo e si traduce in un insuccesso per il Novecento, che viene quasi ignorato dalla critica durante l’evento.
Ubaldo Oppi, d’altra parte, riscuote un successo critico tale da fargli guadagnare un posto all’Internazionale di Pittsburgh nel 1925, dove si aggiudica il secondo premio. Nonostante la rottura con il Novecento, continua a partecipare alle mostre del movimento e ad esporre in città come Bruxelles, Parigi, Zurigo e Vienna, guadagnandosi un ampio consenso.
Gli Anni Trenta di Trionfo e Critica
Negli anni Trenta, il pittore continua a fare la sua comparsa alle Biennali, ma inizia ad affrontare critiche per il suo realismo eccessivo, attribuito all’uso frequente della fotografia, specialmente nella rappresentazione dei corpi nudi. Parallelamente, si dedica alla pittura sacra, impegnandosi negli affreschi della Basilica del Santo a Padova.
Decide quindi di trasferirsi a Vicenza, dedicandosi quasi esclusivamente a questa forma d’arte sacra. Nonostante la sua fama, all’inizio degli anni Quaranta, il successo inizia a scemare.
Il Declino e il Triste Epilogo
Con lo scoppio della guerra, Oppi si arruola, ma una grave malattia lo colpisce, portandolo alla morte a Vicenza nel 1942, all’età di soli cinquantatré anni, lasciando dietro di sé un’eredità artistica e una carriera contrassegnata da trionfi e controversie.
Gli Anni Formativi
Ubaldo Oppi, artista di spicco, vede i primi tratti del suo percorso segnati dall’immersione nello studio tra i paesaggi austriaci e tedeschi. Inizialmente permeato da una visione tenue e sottile dell’Impressionismo, subisce poi l’influenza delle correnti secessioniste. Nel corso degli anni Dieci, l’evoluzione del suo stile si manifesta con tratti più intensi e incisivi, accompagnati da figure dal corpo esile e allungato, come evidenziato nelle opere come “Famiglia povera” del 1915.
Fin da questo periodo, le tele dell’artista bolognese si immergono in atmosfere rarefatte e angolari, pur mantenendo un’aura di surreale atemporalità. Egli si erge a sostenitore di un Realismo Magico che lo avvicina alle correnti della Nuova Oggettività tedesca. La sua mostra presso Ca’ Pesaro nel 1913 presenta circa trenta opere, tra cui “Due nudi (gli amanti)” che viene selezionata per la copertina del catalogo.
Il realismo magico:
Anche durante il suo soggiorno a Parigi, Ubaldo Oppi si fa notare partecipando alla Secessione romana del 1914, contribuendo con sette dipinti tra cui “Vecchio e ragazza”, “Figure di femmine al caffè”, “Ritratto di donna seduta”, “Figure in un bar”, “Donna con lo scialle”, “Figura d’uomo in piedi” e “Donna al caffè”.
Le opere realizzate in quel periodo, segnato dalla guerra imminente, mantengono il rigore e il simbolismo tipici della Secessione. Sia “Le sorelle” del 1914 che “I fidanzati” del 1915 presentano personaggi dalle fattezze allungate, con linee spezzate e dita protese, evocando un’atmosfera quasi spettrale, macabra, intrisa di angoscia.
La Rinascita Artistica di Ubaldo Oppi
Al termine del conflitto bellico, Ubaldo Oppi si discosta radicalmente dalla corrente artistica dei decenni precedenti. Abbandona gradualmente le influenze secessioniste per abbracciare nuovamente i principi plastici del Rinascimento. Le sue opere subiscono una trasformazione sostanziale: da forme scheletriche e tormentate emergono figure piene e sinuose, specialmente nei suoi dipinti di nudi. Nonostante ciò, permane in lui un senso di mistero e ambiguità, tipico del Realismo Magico.
I dipinti di Oppi si distinguono per la loro oggettività, chiarezza ed emotività controllata. Sebbene ancora influenzati dalla Secessione artistica, opere come “Pomeriggio” e “Il sabato sera” del 1920, segnano un avvicinamento dell’artista alle idee di Margherita Sarfatti, orientandosi verso una visione più ordinata e tradizionale.
L’esposizione alla Biennale di Venezia del 1924
Nel 1924, Ubaldo Oppi suscita dibattiti accesi con la sua mostra personale alla Biennale di Venezia. Qui presenta una serie di capolavori che incarnano lo spirito artistico del Novecento. Le ventisei opere esposte includono lavori iconici come “La giovane sposa”, “Le amiche”, “Il cieco e le altre figure”, “Plenilunio settembrino”, “Il padrone di casa” e “La conca fiorita”. In particolare, “La conca fiorita” richiama le composizioni di Piero di Cosimo, con i suoi delicati nudi immersi in un paesaggio lussureggiante.
Espansione dell’Opera di Ubaldo Oppi
Negli anni successivi, Oppi continua a esporre con successo. Nel 1927 tiene una mostra personale presso la Galleria Pesaro, dove presenta oltre trenta nuove opere. Tra queste spiccano “Donne sotto gli ulivi”, “Ritratto di mia moglie”, “Montanari”, “Adamo ed Eva”, “Nudo”, “Giovani donne al mare”, “L’ingegnere meccanico” e “I chirurghi”.
Nei dipinti di Oppi, si fonde il classico con il moderno. L’artista rilegge il Rinascimento, inserendo le sue figure in ambientazioni pure e rarefatte. Le sue opere presentano figure statuarie che richiamano i santi dei secoli passati, come nel dipinto “San Venanzio”, che si colloca a metà strada tra l’estetica di Mantegna e lo spirito innovativo del Novecento.
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