OSCAR GHIGLIA

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BIOGRAFIA DI OSCAR GHIGLIA

Oscar Ghiglia
Oscar Ghiglia

Oscar Ghiglia è nato a Livorno, il 23 agosto del 1876 e deceduto Firenze, 14 giugno 1945, è stato un pittore italiano.

Ghiglia vede la luce in una famiglia che condivide modesti mezzi economici. Da lì, il giovane Oscar è costretto sin da principio a sperimentare una pluralità di occupazioni, specialmente dopo il trapasso del padre. Inaspettatamente, egli incappa nell’arte pittorica e comprende prontamente la sua inclinazione verso il cammino dell’espressione artistica.

All’inizio, si forma da autodidatta, successivamente si aggrega allo studio di Guglielmo Micheli a Livorno. Questo eminente mentore lo inizierà all’estetica verista di eredità fattoriana, aprendogli le porte anche verso artisti quali Amedeo Modigliani, col quale stringe una salda amicizia.

L’evidenza di ciò risiede nel corposo scambio epistolare tra i due, nel quale si manifesta, in entrambi, l’intolleranza verso la dimensione limitata di Livorno e il desiderio irrefrenabile di emergere anche al di là dei confini nazionali.

IL PERIODO A FIRENZE:

Nel corso dei primi anni del Novecento, Oscar Ghiglia decide di stabilirsi a Firenze insieme a Modigliani, divenendo coinquilino in un grazioso appartamento sito in Via San Gallo. Questa città assume un ruolo di straordinaria rilevanza per l’artista, non solo perché si concede lunghe ore di studio esplorando musei e gallerie, ma anche per l’incontro diretto con il celebre Giovanni Fattori presso la Scuola Libera del Nudo. Proprio grazie a Fattori, nel 1901, Ghiglia ha l’opportunità di esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia, un traguardo di indiscussa importanza.

Tuttavia, per Ghiglia, l’arte della macchia rappresenta solo un punto di partenza. A Firenze, infatti, egli entra in contatto con l’ambito artistico internazionale e si avvicina in particolar modo al movimento simbolista. È attratto dalle opere di Arnold Böcklin, dalle correnti secessioniste europee e dall’impronta lasciata da Nino Costa, fondatore del movimento In Arte Libertas a Roma.

Inoltre, l’artista si avvicina al misterioso simbolismo di Giovanni Costetti, il quale lo introduce all’opera di autori nordici quali Franz von Stuck (1863-1928). Durante questo periodo, Ghiglia si dedica principalmente al ritratto, esplorando le profondità dell’introspezione artistica.

LA VISIONE NABIS:

Attraverso l’incontro con Ardengo Soffici, appena tornato da Parigi nel 1903, si accende l’interesse di Oscar Ghiglia per il paesaggio e la natura morta, trasformati attraverso una visione Nabis.

Félix Vallotton e Maurice Denis diventano le figure di riferimento principali per l’artista toscano nei primi dieci anni del nuovo secolo. Si direbbe quasi che il pittore abbia trasportato una parte del gruppo riunito attorno alla rivista “Revue Blanche” fino a Firenze.

Attraverso composizioni bidimensionali e una poetica e delicata eleganza formale, incastonate all’interno di linee secessioniste, Oscar Ghiglia sembra reinterpretare il cromatismo di Fattori in modo sintetico e simbolico.

GLI ULTIMI ANNI:

Nel lontano 1909, un incontro magico ebbe luogo tra Oscar Ghiglia e Gustavo Sforni, un ex artista che sarebbe diventato il suo affezionato mecenate. Attraverso un accordo informale, il pittore iniziò a lavorare per Sforni, che lo avvicinò al meraviglioso mondo di Cézanne, essendo un appassionato collezionista delle sue opere.

Dopo aver partecipato attivamente alle Secessioni romane, Oscar Ghiglia decise di ritirarsi a Castiglioncello, seguendo la tradizione dei maestri macchiaioli. Fu qui che la sua poetica subì una svolta straordinaria: si dedicò principalmente alle nature morte, in cui gli oggetti acquisirono una nuova dimensione plastica, accompagnata da un rigore formale incisivo.

Ghiglia si distinse negli ultimi anni per un’eleganza quasi smaltata, che si distanziava dalla bidimensionalità dei pittori Nabis. La sua arte fu lodata per l’essenzialità classica e la resa volumetrica, tanto da esporre anche con il movimento artistico Novecento.

La sua straordinaria carriera raggiunse il culmine con le sue mostre personali presso la rinomata Galleria Pesaro di Milano e la partecipazione alla II Quadriennale di Roma nel 1935. Fu così che si concluse il capitolo espositivo di Oscar Ghiglia. Negli anni Quaranta, visse una vita appartata, fino alla sua triste scomparsa a Firenze nel 1945, lasciando dietro di sé un’eredità artistica senza pari.

L’EPOCA DELL’AUTENTICITÀ SI TRASFORMA IN UN VORTICE DI SIMBOLISMO, CON GLI NABIS:

Proveniente dalla Toscana e, soprattutto, dopo essersi trasferito a Firenze, Oscar Ghiglia è inevitabilmente influenzato dalla pittura di macchia di Fattori. Ciò che lo affascina è il valore poetico e intimo che si manifesta attraverso l’armonizzazione tonale, che si evolve gradualmente verso il valore à plat degli anni successivi.

A Firenze, il suo interesse si rivolge immediatamente al simbolismo internazionale, che accosta sapientemente al cromatismo di Fattori. In particolare, si sente attratto dalle derivazioni simboliste di Costa e Böcklin, e proprio queste prime influenze si riflettono nell’Autoritratto inviato alla Biennale di Venezia del 1901. Anche il Ritratto presentato alla Biennale nel 1903 è chiaramente ispirato a un inquieto Simbolismo nordico.

Nel 1904, a Firenze, Ghiglia espone opere come Giovane fiorentino, Ritratto di signora, Venezia. In questi anni, al suo interesse per il simbolismo si unisce una passione per la forma e il colorismo Nabis, che lo spinge ad utilizzare tonalità piatte e una linea sinuosa di contorno, permettendo l’inserimento armonico di forme e colori, proprio come Vallotton o Denis.

È proprio in questo periodo che Oscar Ghiglia viene definito “tosco-nabis”. Da qui scaturiscono opere come Paradiso d’Erasmo, Ritratto di donna, Ritratto di un pittore, La noia, La veglia. Ma anche Gustavo Sforni e la sua cavalla, Donna che si pettina, La toelette e Nobildonna, Donna che scrive e La signora Ojetti al piano.

LE NATURE MORTE:

Quando, intorno al 1914, Oscar Ghiglia decide di stabilirsi a Castiglioncello, si apre un nuovo capitolo nella sua carriera artistica. Lasciandosi alle spalle la sua precedente espressione bidimensionale di stampo Nabis, il maestro si dedica con fervore e impegno alla rappresentazione della natura morta, concentrandosi in particolare sui fiori.

Sotto le sue sapienti mani, questi elementi acquistano una nuova plasticità, trasformandosi in opere che emanano un senso di levigatezza quasi laccata. Ghiglia si immerge nell’arte della pittura con l’intento di evidenziare riflessi e volumi pieni e sinceri. Così, nel 1921, la sua opera viene esposta nella prestigiosa mostra milanese Arte Italiana Contemporanea Calle, in cui i fiori diventano il fulcro di tutto il suo lavoro. L’importanza formale e plastica dell’oggetto lo avvicina alle ricerche contemporanee che mirano a ristabilire un ordine nel panorama artistico novecentista.

La sua Personale alla Galleria Pesaro del 1929 presenta sette opere che seguono questa nuova direzione artistica: Accordi di bianchi, Le conchiglie, Lo strettoio, Mucca alla mangiatoia, Natura morta, Cinese e Autoritratto. Ghiglia invia alla Quadriennale di Roma del 1935 altre preziose creazioni, come Magnolie, Zuccaio, Pesci, La coltre, Arance e Ritratto di signora.

Come un virtuoso maestro del Seicento, Ghiglia presta una scrupolosa attenzione ai valori cromatici, ai riflessi sul vetro e alla chiarezza formale nelle sue nature morte. Trascorre gli ultimi anni della sua vita in una sorta di ritiro dal mondo pubblico, dipingendo esclusivamente per quei collezionisti che gli sono rimasti affezionati.

Il G. morì a Firenze il 24 giugno 1945 dopo una lunga malattia.

 

Oscar Ghiglia Cesto con Agrumi
Cesto con Agrumi

 

Oscar Gilglia gomitolo rosso
Gomitolo rosso

 

Oscar Ghiglia vaso con rose 1920
Vaso con rose 1920

 

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