MASSIMO D’AZEGLIO

BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

Massimo d’Azeglio , ( Massimo Taparelli  ) (24 ottobre 1798 – 15 gennaio 1866), comunemente chiamato Massimo d’Azeglio, era uno statista, romanziere e pittore italo-piemontese.


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BIOGRAFIA MASSIMO D’AZEGLIO

Fu Primo Ministro della Sardegna per quasi tre anni, finché il suo rivale Camillo Benso, conte di Cavour gli succedette. Massimo D’Azeglio non era un liberale o un repubblicano, ma un conservatore paterno che sperava in un’unione federale tra stati italiani. Come Primo Ministro, ha consolidato il sistema parlamentare, facendo in modo che il giovane re accettasse il suo status costituzionale. Azeglio ha lavorato duramente per un trattato di pace con l’Austria e la riduzione del potere della Chiesa cattolica negli affari locali. Introdusse la libertà di culto, abolì la censura religiosa e prese il controllo delle scuole lontano dalla Chiesa. Era annoiato dal governo, ma appassionato di pittura. Un ruolo che eseguì con grande difficoltà era mantenere il controllo su un re malvagio le cui passioni principali erano la caccia, il vagabondare e la postura come un genio militare.

Massimo Taparelli, marchese d’Azeglio, nacque a Torino il 24 ottobre 1798. Discendeva da un’antica e nobile famiglia piemontese. Suo padre, Cesare d’Azeglio, ufficiale dell’esercito piemontese, aveva una posizione elevata a corte. Al ritorno di papa Pio VII a Roma dopo la caduta di Napoleone, Cesare fu inviato come inviato speciale presso la Santa Sede e portò con sé il figlio, all’età di sedici anni, come addetto supplementare. Il giovane Massimo ricevette una commissione in un reggimento di cavalleria, che abbandonò presto a causa della sua salute. Durante la sua residenza a Roma, Massimo acquisì amore per l’arte e la musica e decise di diventare un pittore, con orrore della sua famiglia conservatrice e aristocratica. Suo padre acconsentì riluttante, e Massimo si stabilì a Roma, dedicandosi all’arte.

Condusse una vita astemia a Roma, mantenendo se stesso dipingendo paesaggi romantici che spesso includevano soggetti storici. Ha anche dipinto scene per un’opera autofecondata. Nel 1830 tornò a Torino e, dopo la morte del padre nel 1831, si trasferì a Milano. Ha vissuto a Milano per dodici anni, trasferendosi nei circoli letterari e artistici della città e, nel 1834, ha contribuito a organizzare il salone Salotto Maffei, ospitato da Clara Maffei. Divenne intimo di Alessandro Manzoni il romanziere, di cui sposò la figlia. A quel punto, la letteratura anziché l’arte divenne la sua principale occupazione; ha prodotto due romanzi storici, Niccolò dei Lapi ed Ettore Fieramosca, a imitazione di Walter Scott. I romanzi avevano un forte contesto politico, con D’Azeglio che mira a illustrare i mali della dominazione straniera in Italia ea risvegliare il sentimento nazionale.

Nel 1845 Massimo d’Azeglio visitò la Romagna come un inviato politico non autorizzato, per riferire sulle sue condizioni e le difficoltà che prevedeva sarebbero scoppiate alla morte di papa Gregorio XVI. L’anno successivo pubblicò il suo famoso fascicolo Degli ultimi casi di Romagna a Firenze; in conseguenza di ciò fu espulso dalla Toscana. Trascorse i prossimi mesi a Roma, condividendo l’entusiasmo generale sul presunto liberalismo del nuovo papa, Pio IX; come Vincenzo Gioberti credeva in una confederazione italiana sotto gli auspici papali e si opponeva all’ala radicale del partito liberale. La sua attività politica aumentò e scrisse vari altri opuscoli, tra cui I lutti di Lombardia (1848).

Allo scoppio della prima guerra d’indipendenza, Massimo d’Azeglio indossò l’uniforme papale e prese parte sotto il generale Durando in difesa di Vicenza, dove fu gravemente ferito. Si ritirò a Firenze per riprendersi, ma mentre si opponeva ai democratici al governo fu espulso dalla Toscana una seconda volta. Ormai era un uomo famoso e all’inizio del 1849 Charles Albert, re di Sardegna, lo invitò a formare un gabinetto. Comprendendo quanto fosse impossibile rinnovare la campagna, ma “non avendo il cuore di firmare, in condizioni miserabili interne ed esterne, un trattato di pace con l’Austria” (Correspondance politique, di E Rendu), rifiutò.

Dopo la sconfitta nella battaglia di Novara (23 marzo 1849), Carlo Alberto abdicò e gli succedette Vittorio Emanuele II. D’Azeglio fu nuovamente chiamato a formare un gabinetto; questa volta, sebbene la situazione fosse ancora più difficile, accettò, concluse un trattato di pace, sciolse la Camera e ne convocò una nuova per ratificarla. Il trattato fu accettato e d’Azeglio continuò in carica per i successivi tre anni. Mentre tutto il resto dell’Italia era in preda al dispotismo, in Piemonte il re manteneva intatta la costituzione di fronte a un’ondata generale di reazione. D’Azeglio condusse con tatto e abilità gli affari del paese e migliorò le sue relazioni diplomatiche. Con il suo principale aiutante, Cavour, prendendo la legge guida, ha indebolito i poteri della Chiesa per possedere la terra, controllare le scuole e supervisionare le leggi sul matrimonio. Quando i vescovi hanno protestato sono stati puniti o esiliati, ispirando elementi liberali anticlericali in tutta Italia.

Invitò il conte Camillo Cavour, allora un giovane politico emergente, ad entrare nel ministero nel 1850. Cavour e Farini, anch’essi membri del gabinetto, fecero alcune dichiarazioni in Aula (maggio 1852) che portarono il ministero in direzione di un’alleanza con Rattazzi e la sinistra. D’Azeglio disapprovò questo e rassegnò le dimissioni, ma su richiesta del re costituì un nuovo ministero, escludendo sia Cavour che Farini. In ottobre, tuttavia, a causa di cattiva salute e insoddisfazione verso alcuni dei suoi colleghi, e per altri motivi non del tutto chiari, si dimise ancora una volta e si ritirò, suggerendo al re che Cavour sarebbe stato il suo successore.

Per i successivi quattro anni visse modestamente a Torino, dedicandosi ancora una volta all’arte, pur continuando a interessarsi attivamente alla politica. Cavour continuò a consultarlo. Nel 1855 d’Azeglio fu nominato direttore della galleria d’arte di Torino. Nel 1859 gli furono assegnate varie missioni politiche, tra cui una a Parigi e Londra per preparare le basi per un congresso generale dei poteri sugli affari italiani. Quando la guerra tra Piemonte e Austria apparve inevitabile, tornò in Italia e fu inviato da Cavour come commissario reale in Romagna, da dove le truppe papali erano state espulse.

Dopo la pace di Villafranca, d’Azeglio fu richiamato con l’ordine di ritirare le guarnigioni piemontesi, ma vide il pericolo di permettere alle truppe papali di rioccupare la provincia, e dopo una dura lotta lasciò Bologna senza le truppe e intervistò il re. Quest’ultimo approvò la sua azione e disse che i suoi ordini non erano stati espressi con precisione; così la Romagna è stata salvata. Nello stesso anno d’Azeglio pubblicò un opuscolo in francese intitolato De la politique e il diritto di critica al punto di vista della questione italiana, con l’obiettivo di indurre Napoleone III a continuare la sua politica pro-italiana. All’inizio del 1860 Cavour lo nominò governatore di Milano, evacuato dagli austriaci dopo la battaglia di Magenta, posizione che mantenne con grande abilità. Tuttavia, disapprovando la politica del governo nei confronti della campagna siciliana di Garibaldi e riguardo all’occupazione da parte del Piemonte del regno di Napoli come inopportuna, si dimise dall’incarico.

La morte dei suoi due fratelli nel 1862 e quella di Cavour nel 1861 causarono grande dolore a d’Azeglio; successivamente condusse una vita relativamente ritirata, ma continuò a prendere parte alla politica, sia come deputato che come scrittore, i suoi due principali argomenti di interesse erano la questione romana e le relazioni del Piemonte (ora regno d’Italia) con Mazzini e gli altri rivoluzionari. A suo avviso l’Italia doveva essere unificata per mezzo dell’esercito franco-piemontese da solo, evitando qualsiasi legame con gli altri eserciti. Continuò a sostenere che il papa dovrebbe godere della sovranità nominale su Roma con piena indipendenza spirituale, con la capitale d’Italia stabilita altrove, ma i Romani sono cittadini italiani. Ha fortemente disapprovato la convenzione del 1864 tra il governo italiano e il papa. Gli ultimi anni della vita di d’Azeglio furono trascorsi principalmente nella sua villa di Cannero, dove scrisse le sue memorie. Morì di febbre a Torino il 15 gennaio 1866.

Ha svolto un ruolo significativo nella riabilitazione del Piemonte dopo il caos delle rivoluzioni del 1848-49. Aveva una scarsa opinione della gente d’Italia, che, dichiarò, “erano stupidi al punto di fare il 20 per cento e audaci, l’80 per cento stupidi, onesti e timidi, e un tale popolo ha il governo che merita”. Ministro nel 1849, nonostante la mancanza di esperienza o entusiasmo. Annoiato dai dibattiti in Parlamento, ha avuto punti di forza inaspettati: è stato onesto e chiaro, molto ammirato sia in patria che all’estero, mostrando saggezza e moderazione cruciali per consolidare il sistema parlamentare nel suo regno. Convinse il re ad accettare un governo costituzionale, con la riserva che il Re potesse controllare la politica militare e straniera senza interferenze parlamentari.

Oltre a una varietà di articoli di giornale e opuscoli, i capolavori di Massimo d’Azeglio sono i due romanzi Ettore Fieramosca (1833) e Niccolò dei Lapi (1841), nonché un volume di memorie autobiografiche intitolato I Miei Ricordi (Memorie D’Azeglio – p 1867), un’opera pubblicata dopo la sua morte, nel 1866, ma purtroppo incompleta. Una citazione dalle sue memorie è “L’Italia è fatta. Restano da fare gli italiani”, tradotto colloquialmente come “Abbiamo fatto l’Italia. Ora dobbiamo fare gli italiani”.

I suoi dipinti di paesaggi influenzarono Salvatore Mazza e Luigi Riccardi.

Un prestigioso Liceo classico fondato nel 1831 nella sua città natale di Torino fu in seguito ribattezzato in suo onore. Il Liceo classico Massimo d’Azeglio ha un posto di rilievo nella storia italiana come l’alma mater dell’autore Primo Levi, l’architetto Gino Levi-Montalcini, il musicologo Alberto Mantelli, il pittore Giuseppe Cominetti e gli intellettuali antifascisti come l’editore Giulio Einaudi (figlio del futuro Il presidente Luigi Einaudi) e lo scrittore e insegnante Leone Ginzburg. Juventus Football Club è stato fondato dai suoi studenti nel 1897.

C’è un concorso di poesia organizzato da un’organizzazione culturale in Puglia (regione italiana) intitolata a Massimo D’Azeglio.

 

Francesco Hayez Ritratto di Massimo d'Azeglio
Francesco Hayez – Ritratto di Massimo d’Azeglio

 

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