GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO

VALUTAZIONE gratuita dei dipinti di Giuseppe Pellizza Da Volpedo

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LE QUOTAZIONI di Giuseppe Pellizza Da Volpedo

I bozzetti presentano valutazioni che variano tra i 12.000 e i 32.000 euro, mentre le composizioni di dimensioni medie sono valutate tra i 55.000 e i 110.000 euro, con possibilità di superare tale cifra se realizzate con la completa tecnica divisionista.

Il record d’asta è stato raggiunto nel 1991 con il dipinto Mammina, che ha ottenuto un prezzo di 714.362 euro. Per quanto riguarda i disegni, il valore più elevato registrato è di 52.869 euro, ottenuto nel 1996 con il grande disegno di minuta tecnica divisionista intitolato Fiore reciso.

I soggetti preferiti dell’artista includono la vita nei campi e nel mondo contadino, nonché le tematiche sociali che emergono dalla vita cittadina.

Le valutazioni fornite sono indicative e possono subire fluttuazioni in base a diversi fattori, come il periodo, le dimensioni, la qualità, lo stile e la tecnica impiegata, tra gli altri. Pertanto, consigliamo vivamente di contattarci per ottenere una stima accurata e gratuita.

Siamo a disposizione tramite il nostro perito ed esperto d’arte per stimare e valutare gratuitamente le opere di Giuseppe Pellizza da Volpedo.

Per ricevere la stima o quotazione bisogna inviare una foto del dipinto, specificando le misure al netto della cornice, utilizzando il form presente in ogni pagina del sito web, oppure tramite mail o con WhatsApp al numero: 3482858142.

Riceverete una risposta il prima possibile, in linea con il valore di mercato attuale secondo le nostre accurate considerazioni.

Ci riserviamo di valutare l’acquisto del quadro se risulta di nostro interesse.

N.B. Le precedenti valutazioni sono puramente indicative, e per una stima corretta e gratuita si prega di inviare una foto ai nostri esperti.

RIEPILOGO QUOTAZIONI INDICATIVE GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO

Tipologia opere Dimensione Quotazione
Olio su tela bozzetti 12.000 – 32.000 Euro
Olio su tela medie 55.000 – 110.000 Euro
Olio su tela – record d’asta medie 714.362 Euro
Disegno – record d’asta medie 52.869 Euro


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BIOGRAFIA DI GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO

Giuseppe Pellizza da Volpedo - Membra stanche
Giuseppe Pellizza da Volpedo – Membra stanche

Giuseppe Pellizza da Volpedo, celebre artista italiano del movimento neoimpressionista, vide la luce per la prima volta nella pittoresca località di Volpedo, situata nella splendida regione del Piemonte settentrionale. Il suo ingresso nel mondo fu coronato da una nascita avvenuta il 28 luglio del 1868, mentre la sua tragica dipartita lo segnò per sempre il 14 giugno del 1907, quando lasciò questo mondo per sempre. Durante la sua esistenza, Pellizza da Volpedo lasciò un’impronta indelebile nel panorama artistico italiano, dando vita a opere incantevoli che ancora oggi suscitano meraviglia e ammirazione.

Giuseppevede la luce nella provincia di Alessandria all’interno di una famiglia agiata di coltivatori. Suo padre, un sostenitore fervente di Garibaldi, ha sempre contribuito generosamente all’associazione di Mutuo Soccorso locale.

Fin dall’infanzia, Pellizza cresce immerso in un ambiente politico improntato alla difesa dei meno fortunati. Nella sua dimora, manifesta sin da piccolo un talento precoce per il disegno, che persiste anche durante i suoi studi tecnici.

I genitori, prontamente, appoggiano il suo ardente desiderio di abbracciare l’arte e decidono di iscriverlo all’Accademia di Brera. Nel 1883, si trasferisce a Milano, dove si immerge nello studio dell’artista Giuseppe Puricelli, per poi entrare all’Accademia l’anno successivo, rimanendovi fino al 1887.

Durante questo periodo, frequenta i corsi tenuti da Raffaele Casnedi, Giuseppe Bertini e Luigi Bisi. Dopo aver completato i suoi studi all’Accademia, si dedica alla riproduzione dal vero, affinando la sua tecnica presso lo studio di Pio Sanquirico. Nel 1885, espone per la prima volta alla mostra di Brera.

Gli spostamenti tra Roma e Firenze:

Dopo aver completato gli studi a Milano, Giuseppe Pellizza sente una fervente aspirazione a perfezionare la sua formazione immergendosi in altre città italiane. Così decide di intraprendere un viaggio verso Roma, al fine di appagare la sua passione per le antichità, ma l’austerità del programma didattico dell’Accademia di San Luca non lo stimola come desidererebbe.

Di conseguenza, decide di spostarsi a Firenze, dove diventa allievo di Giovanni Fattori presso l’Accademia di Belle Arti, stabilendo anche un’amicizia con Plinio Nomellini. Determinato a perfezionare le sue abilità nel disegno del corpo umano, nel 1889 fa una scelta audace: si trasferisce a Bergamo per seguire le lezioni di Cesare Tallone presso l’Accademia Carrara.

I primi viaggi:

Finalmente terminati i suoi studi nel 1890, al termine di un viaggio a Parigi per visitare l’Esposizione Universale, fa ritorno a Volpedo con l’intento di dedicarsi completamente all’arte della pittura. La sua partecipazione alle prime esposizioni gli garantisce un notevole successo, riuscendo così a farsi notare da critici, collezionisti e artisti di fama. Tra questi spicca Angelo Morbelli, con cui instaura una profonda e duratura amicizia, come dimostrato da una corrispondenza ricca di scambi di idee riguardanti l’arte, la politica, il Divisionismo e la scienza ottica.

In questi anni, Giuseppe Pellizza combina temi simbolici con quelli legati alla lotta per i ceti più svantaggiati, dando vita a una ricerca che perdura per circa un decennio. È proprio in questo periodo che crea i suoi più grandi capolavori, tessendo nelle opere un forte sentimento di socialismo, concepito come chiave per la liberazione del popolo.

Spesso alterna la sua vita tra il Piemonte e brevi soggiorni a Roma. Nel 1906, ad esempio, entra in contatto con Umberto Boccioni, Giacomo Balla e Gino Severini, facendo esperienza di nuove influenze artistiche.

Nel 1907, dopo la dolorosa perdita della sua amata moglie, l’artista si toglie la vita impiccandosi nel suo studio di Volpedo.

Il periodo Verista:

Dopo aver trascorso del tempo a Firenze accanto a Fattori, Giuseppe Pellizza, una volta ritornato nella sua città natale, si immerge completamente nella ricerca artistica. Inizialmente si avventura nel genere del ritratto con un tocco di intimità, come evidente nel Ritratto del padre e Ritratto della madre o Ritratto di Giuseppe Giani mediatore.

Successivamente, si dedica allo studio dei paesaggi dal vivo. In un secondo momento, unisce la sua abilità nel ritrarre con la sua inclinazione naturalistica, dando origine a opere come Mammine, presentata alla Promotrice di Genova nel 1892. In questo dipinto, si può notare un notevole utilizzo di una luce abbagliante.

La luce genera ombre che si proiettano sull’erba e sui volti senza particolari tratti distintivi, poiché rappresentano l’umanità in generale, anziché individui specifici. Questo diventa una caratteristica distintiva delle sue opere successive.

Un esempio simile è Sul fienile, che stavolta è realizzato con la tecnica divisionista, introdotta all’artista dal suo amico Nomellini. Questo dipinto è interamente immerso nell’ombra, poiché i contadini sono ritratti in controluce, quasi a dimostrare che ognuno di noi può narrare la storia dell’umanità. Anche in un modesto fienile anonimo, dove risiede un malato.

Il periodo Divisionista:

Mentre esplorava la tecnica divisionista insieme ai suoi compagni di Brera, Morbelli ed Emilio Longoni, e in parte anche con Gaetano Previati il suo interesse per la tematica sociale si approfondì. Decise di intraprendere degli studi presso l’Istituto di Studi Superiori a Firenze, giungendo a conclusioni che vedevano nel socialismo un veicolo per affrontare le questioni sociali attraverso l’arte. Fu così che nacque “Speranze deluse”, presentata alla seconda Triennale di Milano, un’opera che gli valse riconoscimento da parte dei critici e degli artisti divisionisti, come Giovanni Segantini.

Giuseppe Pellizza da Volpedo abbracciò definitivamente il Divisionismo con “Processione” e “Lo specchio della vita”, esposti a Torino nel 1898. Questo celebre dipinto raffigura un gregge di pecore che forma una linea riflessa nel fiume Curone, nella pianura che si estende non lontano dalla sua dimora.

Il tempo, che scorre implacabile, il destino dell’umanità e il suo cammino incessante si riflettono nella natura, che tutto osserva con la sua saggezza millenaria. I significati simbolici e spirituali del dipinto attirano l’attenzione di scrittori come Fogazzaro e anticipano il ciclo dedicato all’amore degli “Idilli”, completato nel 1903.

Alla fine dell’anno accademico, torna a Volpedo, con lo scopo di dedicarsi alla pittura della verità attraverso lo studio della natura. Non soddisfatto del livello raggiunto, si recò a Bergamo, dove, all’Accademia di Carrara, frequentò le lezioni private di Cesare Tallone.

I temi sociali:

Attraverso approfondite esplorazioni, Giuseppe Pellizza da Volpedo è stato in grado di creare composizioni straordinariamente armoniose. All’interno di queste opere, un imponente dialogo si sviluppa tra l’uomo e la natura, dando vita a contenuti simbolici e universali.

Negli ultimi anni della sua carriera artistica, Pellizza si è particolarmente interessato ai lavoratori, agli emigranti e al popolo affaticato e oppresso. Questi temi sono stati magnificamente trattati attraverso l’uso della tecnica divisionista nella sua forma più sublime.

Le figure che emergono dalle sue opere possiedono un significato assoluto, che si origina dalle particolarità della vita di ogni individuo. Questa esperienza si riflette in dipinti come “Ambasciatori della fame”, “Fiumana” e l’opera universalmente riconosciuta come simbolo completo della poetica di Pellizza, “Quarto Stato”.

Inoltre, l’emozionante “Membra stanche”, realizzato nei suoi ultimi due anni di vita, rappresenta un dipinto estremamente poetico. Un gruppo di persone si fonde con la natura circostante al tramonto, riposando i loro corpi esausti a causa del lavoro o del cammino.

I delicati tocchi del pennello evidenziano l’enorme capacità espressiva che deriva dall’unione di colori caldi e freddi, che ricongiungono l’uomo e la natura in un’unica entità.

Quest’opera corrisponde anche alle ricerche paesaggistiche finali di Giuseppe Pellizza da Volpedo, come il dipinto “Tramonto del 1901” o “Sole del 1906”. Quest’opera, ricca di profondo significato simbolico e intrinsecamente fiduciosa nell’avvento di una nuova società che si sta formando all’inizio del secolo, assorbe completamente lo spettatore nella luce accecante del sole, che abbraccia tutti i colori.

Questo sembra essere l’inizio di un nuovo periodo favorevole, durante il quale l’ambiente artistico e letterario riconosce finalmente i temi delle sue opere. Tuttavia, l’improvvisa morte di sua moglie nel 1907 lo getta in una profonda depressione. Il 14 giugno dello stesso anno, quando non aveva ancora quarant’anni, si suicidò impiccandosi nel suo studio a Volpedo.

Giuseppe Pellizza da Volpedo si impiccò nel 1907, dopo la morte di sua moglie e suo figlio.

 

Giuseppe Pellizza da Volpedo Quarto Stato
Giuseppe Pellizza da Volpedo – Quarto Stato

 

Giuseppe Pellizza da Volpedo Panni al sole
Panni al sole

 

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