GIOVANNI DUPRÈ

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QUOTAZIONI GIOVANNI DUPRÈ

Tipologia opere Dimensione Quotazione
Marmo grandi oltre i 10.000 Euro
Bronzo medie 1.500 – 4.000 Euro

 


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BIOGRAFIA DI GIOVANNI DUPRÈ

Giovanni Duprè Caino all'Hermitage
Giovanni Duprè Caino all’Hermitage

Il primo marzo del 1817 vide la luce a Siena un neonato, figlio di Francesco, abile intagliatore di legno, e di Vittoria Lombardi. La famiglia, stretta dalle ristrettezze economiche, si trasferì a Firenze intorno al 1821, mentre il padre, impiegato nella bottega di Paolo Sani, si spostava tra Firenze, Pistoia, Prato e Siena per il lavoro.

Il giovane, ancor bambino, seguiva il padre, iniziando presto a dargli una mano. Breve fu il periodo trascorso al corso d’ornato dell’istituto d’arte di Siena, sotto la guida di V. Dei. Qui ebbe modo di frequentare l’erudito Carlo Pini e gli affermati intagliatori Angelo Barbetti e Antonio Manetti, presso le cui botteghe cominciò a lavorare per un certo periodo.

L’apprendistato a Firenze

Nel 1826-27, stabilì definitivamente la sua residenza a Firenze e iniziò a lavorare regolarmente nella bottega Sani. Oltre al suo lavoro quotidiano, dedicava tempo all’autoapprendimento, di cui si sarebbe poi vantato nei suoi scritti. Mostrò grande abilità all’interno della bottega, affrontando lavori sempre più complessi. Il 7 dicembre 1836, contrasse matrimonio con Maria Mecocci. In questo periodo, strinse amicizia con il giovane scultore Luigi Magi, allievo di Stefano Ricci, il quale lo assistette nei primi studi di disegno necessari per la sua aspirazione a diventare uno scultore in marmo.

Le prime opere e la fama nascente

Nei suoi ricordi del 1879, sono menzionate numerose opere che purtroppo non sono pervenute fino a noi. La sua prima creazione degna di nota, una statua di Santa Filomena in legno, fu suggerita dal Magi e presentata all’esposizione accademica fiorentina del 1838, dove attirò l’attenzione di L. Bartolini e P. Benvenuti, venendo acquistata da un collezionista russo. Intorno al 1838, realizzò anche un Crocifisso in legno per il ricco collezionista Emanuele Fenzi, che fu donato al figlio Orazio in occasione delle sue nozze e che fu scambiato da Bartolini per un’opera antica.

Le sfide artistiche e i successi

Nel 1840, completò una cassetta portagioielli con intagli ispirati a quelli dei plutei della Biblioteca Laurenziana, su commissione dell’intagliatore Pacetti e su suggerimento di Bartolini, acquistata poi dalla marchesa Poldi. La sua prima opera di grande impegno fu un bassorilievo in gesso raffigurante il Giudizio di Paride, con cui partecipò al concorso accademico triennale, vincendo a pari merito con Lodovico Caselli. Inoltre, prima del 1841, realizzò delle Cariatidi in gesso per il teatro Rossini a Livorno.

Il capolavoro e la controversia

Il suo capolavoro giovanile fu l’illustre statua di Abele morente, il cui modello in gesso fu esposto all’Accademia fiorentina nel 1842, suscitando un notevole scandalo per il naturalismo con cui era reso il nudo. Questa polemica spinse alcuni critici ad accusare il nostro artista di aver eseguito un calco dal vero, costringendolo a dimostrare pubblicamente la sua originalità. Intanto a Siena si aprì una sottoscrizione per finanziare la realizzazione in marmo della statua, che attirò l’attenzione della duchessa Maria di Leuchtenberg, figlia dello zar Nicola. La duchessa commissionò anche la statua di Caino, iniziata in creta nel 1842 e completata nel 1847, entrambe ora esposte nel museo dell’Ermitage a Leningrado.

L’eredità artistica e il riconoscimento

Le due statue in marmo, esemplari di eccellente fattura, hanno generato diverse repliche realizzate dal nostro artista in varie dimensioni nel corso del tempo. Il granduca Leopoldo II, riluttante alla partenza dei due capolavori per la Russia, decise di farne realizzare delle versioni in bronzo, fuse da Clemente Papi nel 1850, ora conservate nella Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. L’eco provocata da queste opere fu notevole, inserendosi nel dibattito artistico fiorentino degli anni Quaranta, contraddistinto da una fervida discussione sul naturalismo e l’interpretazione del bello.

Un Inizio Promettente

Nel novembre del 1842, poco dopo l’esposizione del prototipo in gesso dell’Abele, il D. ricevette dall’alto patronato del granduca l’incarico di creare la statua di Giotto destinata a una delle nicchie del loggiato degli Uffizi, che in quel periodo si trovava in fase di riempimento con le effigi dei grandi uomini toscani.

Dopo due anni di intenso lavoro, nel ’44 fu finalmente completato il modello in gesso, e nel maggio del 1845 la scultura in marmo fu ufficialmente presentata al pubblico, suscitando, ancora una volta, un vivace dibattito sul suo stile considerato “comune” e eccessivamente legato al realismo.

Le Sfide e le Esperienze

L’enorme eco suscitata dalle sue opere, le critiche negative sul realismo delle sculture, i suggerimenti di alcuni intellettuali e critici dall’orientamento classicista e purista, e le lezioni apprese durante un viaggio a Roma nell’inverno del 1844-45, dove ebbe modo di incontrare non solo Massimo d’Azeglio ma anche i sostenitori del purismo come Tommaso Minardi e Pietro Tenerani, ebbero un impatto significativo sullo sviluppo successivo dell’artista, spingendolo verso forme più meditate e ispirate al Rinascimento.

Questo cambiamento di direzione è evidente nelle sue opere di questo periodo: dalle rappresentazioni di Dante e Beatrice del 1843, al Sonno dell’innocenza per il collezionista senese Alessandro Bichi Ruspoli, fino al monumento a Pio II per la chiesa di S. Agostino a Siena; tutte opere caratterizzate da un temperamento più riflessivo rispetto ai suoi primi lavori, influenzate sia da una profonda riflessione sul purismo sia da una maggiore enfasi sui valori etici e didattici espressi dalle sue sculture.

Una Breve Parentesi Purista

Tuttavia, l’influenza del purismo ebbe vita breve, come dimostrano tre opere successive: l’Innocenza per il principe Costantino di Russia; la Purità per Leopoldo II, successivamente donata al principe Metternich; e un Pescatore, originariamente modellato in gesso intorno al 1849-49, e poi realizzato in diverse versioni di marmo negli anni successivi.

L’Evocazione delle Forme

Le tracce rimaste di queste creazioni sono rappresentate solo dai prototipi in gesso, anticipatori di un cambiamento di rotta nell’approccio artistico del D., che si protrarrà per quasi dieci anni: un’inclinazione verso la creazione di forme anatomicamente morbide, distanti dalle astrazioni puriste e invece intrise di sottintesi evocativi e sensuali.

Le tumultuose vicende del 1848 contribuirono a isolare il D., allora considerato un liberale moderato ma fortemente legato al granduca, dagli ideali democratici che coinvolsero molti degli artisti suoi amici. Questo isolamento accentuò ulteriormente le sue continue oscillazioni teoriche e l’instabilità delle sue convinzioni, che caratterizzarono il periodo che va dal 1849 al 1854. Questa fase culminò in una vera e propria crisi psicofisica nell’autunno del 1853. Le opere di questo periodo mostrano chiaramente un desiderio di trovare basi solide su cui fondare il proprio lavoro e incertezze sulla direzione da prendere.

Un Tributo alla Classicità

Una delle opere più significative di questo periodo è il grande piede di bronzo, rappresentante le quattro stagioni, commissionato dal granduca nel 1850 e completato nel ’52 per il Tavolo delle Muse. Questa opera mostra forti richiami alla tradizione di Bartolini, così come i suoi lavori per il completamento delle sculture per lo zar e per il marchese Ala Ponzone di Milano. Anche il bassorilievo marmoreo con la Tentazione di Adamo del 1853, commissionato da Mario Bianchi di Siena, sembra omaggiare lo stile di Bartolini, nonostante sembri seguire un ritorno a forme puriste più rigide.

Tuttavia, il tentativo più complesso del Duprè si manifesta nel S. Antonino per il loggiato degli Uffizi, dove le forme ascetiche e neoquattrocentesche del santo si mescolano con forzature espressive di stampo naturalista.

Un Viaggio a Napoli

Le critiche ricevute per il S. Antonino sembrano aver accentuato la prostrazione fisica e mentale del D., tanto che nell’ottobre 1853 interruppe il lavoro per recarsi a Napoli per un periodo di riposo.

In questo periodo, il D. dimostrò un interesse non tanto per l’arte moderna locale, quanto per le grandi opere dell’antichità classica che ebbe modo di ammirare nei musei napoletani. Questi capolavori lo colpirono profondamente, come testimonia nei suoi Ricordi e in alcune sue lettere in cui si dichiara ammiratore del “lusso pagano” che quei manufatti emanavano. Questo interesse si collega facilmente alle correnti estetiche contemporanee che elevavano la statuaria classica come massima espressione artistica della “sensazione” e della “forma”.

Un’Influenza Francese

Anche se non poteva avere una conoscenza diretta della situazione artistica francese, tranne forse attraverso l’amico pittore Luigi Mussini, è evidente che il Duprè, con le sue opere del periodo 1852-59, fosse influenzato dagli orientamenti critici francesi. Queste influenze erano presenti, seppur confusamente, anche nel dibattito culturale fiorentino dell’epoca, dove la critica conservatrice cercava di arginare le nuove tendenze artistiche, tra cui quelle che promuovevano un’arte “senza soggetto”.

Il Ritorno a Firenze

Al suo ritorno a Firenze nel ’54, il D. completò rapidamente tutte le opere lasciate in sospeso, tra cui una piccola scultura per la nobile senese Maria Ballati Nerli, che anticipa una delle sue opere più significative di questo periodo, la Baccante stanca.

La Rivoluzione Neoclassica

Questa figura si manifesta come un simbolo tangibile della nuova strada tracciata da Duprè in questo istante: una fusione tra l’approccio sensuale al trattamento delle forme anatomiche, delineate con una modellazione estremamente delicata, e le pose che evocano suggestioni colte e languide dal passato. Ancora presenti sono le influenze “pagane”, come nel Cupido in agguato, completato in marmo nel ’58 per la nobile senese Maria Bichi Borghesi, e soprattutto nel Bacco della Crittogama, realizzato entro il 1857 per un principe russo, insieme alla sua controparte che raffigura il Bacco festante, opere celebri e replicate più volte, dove l’ispirazione neogreca di Duprè si materializza in una modellazione delicata che esalta le forme di chiara derivazione ellenistica.

Di struttura imponente è anche la base cilindrica per la tazza in porfido del Palazzo Pitti, proveniente dalle terre di Caracalla, commissionata da Leopoldo II a D. nel 1854 e rimasta allo stato di modello in gesso; un’opera accolta dalla critica del tempo come esemplare della nuova tendenza di Duprè, in questo caso ispirata alle solenni cadenze delle Panatenee fidiache – come è stato osservato – pur trovando una risoluzione formale attraverso un eclettismo disinvolto che attinge da tradizioni figurative diverse per meglio caratterizzare le personificazioni delle varie civiltà storiche che decorano questa base.

Esperienze Europee

Nell’estate del 1857, Duprè si recò a Londra, portando con sé il progetto con cui partecipò – con scarso successo – al concorso internazionale per il monumento a Wellington. Tuttavia, più significative delle sue esperienze a Londra furono le impressioni raccolte durante la sua sosta a Parigi in quel periodo, impressioni che lasciarono un segno indelebile nei suoi scritti e nelle sue lettere, dominate dalla forte impressione ricevuta dall’indipendenza degli artisti francesi e dalle opere dei “néo-grecs” che, come ha annotato in una sua lettera, lo hanno profondamente colpito. Sarà proprio in relazione a queste esperienze che bisognerà esaminare la Saffo, opera conclusiva del suo periodo neogreco, caratterizzata da forme sontuose e intense trattate con uno stile patetico neoellenistico o, se si preferisce, neopergameno.

Subito dopo, D. si dedicò a un’opera di ampio respiro, il Monumento funebre a Berta Moltke Ferrari Corbelli per la basilica di San Lorenzo a Firenze, in cui lo scultore dimostra una notevole padronanza delle fonti figurative storiche che mescola ed impiega per evocazioni sentimentali più complesse rispetto alla mera ricerca della bellezza colta e sensuale delle sue opere neogreche. Proprio questa diversità di fonti d’ispirazione, spesso criticata, utilizzata però in chiave squisitamente evocativa, costituirà la caratteristica principale di questo nuovo periodo della sua carriera, fino ai primi anni Settanta, ricco di opere e capolavori, a partire proprio dal monumento di San Lorenzo. Nel 1863 completò la grande lunetta con l’Esaltazione della Croce per il portale centrale della nuova facciata di San Croce, dove è evidente il richiamo stilistico a epoche diverse della storia dell’arte per caratterizzare i momenti dell’elaborata allegoria cristologica.

L’Apice della Carriera e il Monumento a Girolamo Savonarola

Ma l’opera chiave di questo periodo è senza dubbio la Pietà, commissionata a D. nel 1862 da Alessandro Bichi Ruspoli per la cappella di famiglia nel cimitero della Misericordia a Siena, dove è stata collocata nel 1868 dopo essere stata esposta all’Esposizione Universale del 1867 a Parigi, dove ha ricevuto la grande medaglia d’onore.

Tra le creazioni più significative degli ultimi anni, spicca il Monumento dedicato a Girolamo Savonarola, eretto all’interno del convento di S. Marco a Firenze nel 1873. Quest’opera, caratterizzata dal busto del frate che riprende i tratti distintivi del ritratto realizzato da fra’ Bartolomeo, rappresenta un punto di riferimento nell’ambito artistico dell’epoca. La sua realizzazione fu promossa da un gruppo di intellettuali cattolici, i quali decisero di contrapporla al progetto ritenuto eccessivamente “laico” del monumento a Savonarola di E. Pazzi, che all’epoca era ancora in fase di elaborazione.

Il Capolavoro Tardo dell’Artista

Il capolavoro tardivo dell’artista si manifesta indubbiamente nel Monumento funebre alla baronessa Fiorella Favard de l’Anglade, situato nella cappella della villa Favard a Rovezzano e completato nel 1877. Quest’opera rappresenta un punto culminante della sua produzione, caratterizzata da un’innovativa inventiva nel rappresentare un angelo che solleva la defunta dal sarcofago. Il tutto è realizzato con uno stile neorinascimentale asciutto, intriso di una commossa spiritualità che cattura lo sguardo e l’animo dello spettatore.

 

Giovanni Duprè Abele all'Hermitage
Giovanni Duprè Abele all’Hermitage

 

Giovanni Duprè - Giotto
Giovanni Duprè – Giotto
Giovanni Duprè - Monumento a Cavour
Giovanni Duprè – Monumento a Cavour

 

 

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