FEDERICO FARUFFINI

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BIOGRAFIA DI FEDERICO FARUFFINI

Federico Faruffini - Toletta Antica
Federico Faruffini – Toletta Antica

Federico Faruffini, nativo di Sesto San Giovanni nel 1833 e tragico protagonista della sua epoca fino al 1869 a Perugia, appartiene ad una famiglia di ceto medio. Nell’anno 1848, il patriarca lo indirizza verso gli studi giuridici presso l’università di Pavia, tuttavia egli non rinuncia mai alla sua passione artistica, coltivandola con costanza nella Scuola Civica di Pittura di quella città.

Contro la sua volontà, il padre lo costringe a intraprendere un tirocinio presso il Tribunale di Milano. Nonostante ciò, l’artista non abbandona mai l’espressione pittorica, anzi nel 1856 espone per la prima volta alla prestigiosa galleria di Brera.

Faruffini si sposta tra Roma, Milano e Parigi, immergendosi nei fermenti culturali del suo tempo. Abbraccia gli ideali della vivace Scapigliatura milanese, ma purtroppo i suoi quadri non trovano una comprensione unanime. Questa mancata comprensione genera in lui un’ansia interiore che lo conduce, inizialmente, ad allontanarsi dalla vita pubblica, fino a giungere al tragico destino del suicidio nel 1869, nella città di Perugia.

Presso la Scuola Civica di Pittura di Pavia, Faruffini decide di seguire con passione i corsi di disegno e incisione, e successivamente quelli di pittura sotto la guida illuminata di Giacomo Trecourt. Tra i compagni di studio che lo affiancano, si distingue Tranquillo Cremona, tra gli altri talentuosi artisti dell’epoca.

La pittura e le prime committenze:

Faruffini, l’artista di Pavia, instaura un legame di amicizia con la famiglia Cairoli, avvicinandosi così alle idee del Risorgimento. La sua prima opera esposta ha una tematica storica, raffigurando Cola di Rienzi che osserva le rovine di Roma dall’alto. La scelta di Cola di Rienzi come figura che contempla le antiche vestigia allude all’indipendenza di Roma e, di conseguenza, all’Unità.

L’artista presenta un protagonista eroico e determinato, con uno sguardo penetrante, utilizzando uno stile pittorico che richiama le opere di Domenico Morelli o di Giovanni Carnovali, noto come il Piccio. Questo dimostra l’intenzione di distanziarsi dai canoni accademici di Trecourt e di unire l’azione storica alla naturalezza e alla verità nella rappresentazione.

Tra il 1856 e il 1858, Faruffini si trova a Roma, dove ha l’opportunità di ammirare le opere di Raffaello. È in questo contesto che realizza la maestosa pala dell’Immacolata Concezione per il Duomo di Pavia, caratterizzata da delicate tonalità neorinascimentali.

Al suo ritorno a Pavia nel 1858, ottiene il premio Frank dalla scuola civica di pittura con un dipinto intitolato Al cardinale Ascanio Sforza, vescovo di Pavia.

Il dipinto riscuote un grande successo grazie alla sua capacità descrittiva e ingegnosa, che si ritrova anche in opere successive come “Romanza sul Ticino” del 1859. Nello stesso anno, essendosi trasferito a Milano, realizza “La Battaglia di Varese”, che successivamente viene esposta a Brera nel 1862, su volontà testamentaria di Ernesto Cairoli, caduto in battaglia contro le truppe austriache nei pressi di Varese.

Federico Faruffini, incanta con la sua raffinata espressione artistica:

In questo momento, Faruffini entra in una fase di grande popolarità, un periodo intenso che, però, sarà di breve durata. Nel 1862, viene nominato socio onorario dell’Accademia di Brera, ottenendo un enorme successo sia di pubblico che di critica grazie ai suoi meravigliosi acquerelli presentati all’esposizione di Bruxelles nel 1864.

Sono gli anni in cui Faruffini inizia ad arricchire la sua arte, combinando dipinti di soggetto storico con opere dall’impatto emozionante ed esotico, pur mantenendo un tocco di intimità, sempre utilizzando una tecnica realistica.

Un’opera datata 1864 è La lettrice, dove Clara, la sua fidanzata, si trova seduta di fronte a un tavolo in una stanza semi-oscura. In una mano tiene un libro, mentre nell’altra una sigaretta. L’attenzione per la luce e l’uso di colori sfumati conferiscono alla tela una trama vibrante.

L’anno successivo, crea La vergine al Nilo, in cui si susseguono una serie di scene egiziane nel fondo del quadro, rappresentate con grande accuratezza filologica e storica. In primo piano, invece, si svolge il sacrificio di una vergine offerta al Nilo, ornata di fiori e dall’aspetto decadente, evocando l’immagine di un’Ofelia.

Gli autoritratti e il soggiorno a Parigi:

L’opera pittorica non riscuote il trionfo sperato, anzi subisce una dura critica da parte dei membri della Scapigliatura milanese, tra cui Boito. Pertanto, Faruffini decide di recarsi a Parigi portando con sé il quadro.

Nella Ville Lumière, prosegue nella sua attività artistica creando diverse incisioni in metallo e recupera fiducia in se stesso quando viene premiato con la medaglia d’oro per il suo lavoro su Borgia e Machiavelli, che viene esposto al Salon del 1866.

Tuttavia, ciò non è sufficiente: la sua anima diventa sempre più inquieta, poiché non riesce a ottenere il consenso tanto desiderato.

Nel 1868, Faruffini si ritrova nuovamente a Roma, dove decide di vendere gran parte delle sue attrezzature pittoriche per dedicarsi alla fotografia. Immortalando le donne ciociare, vende le loro immagini, poiché in quegli anni rappresentano un soggetto prediletto per molti pittori di genere.

Le fotografie sono suggestive, ma anche loro non incontrano il successo sperato, forse perché risultano troppo audaci e sincere per il mercato dell’epoca.

Nel frattempo, si sposa e si trasferisce a Perugia, sempre più determinato a distanziarsi dalla folla. Questa decisione coincide con la creazione di autoritratti che evidenziano la sua condizione di instabilità interiore.

Tragicamente, Faruffini si toglie la vita a Perugia nel 1869.

 

 

Federico Faruffini Il sacrificio della vergine al Nilo
Federico Faruffini – Il sacrificio della vergine al Nilo

 

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