TITO SARROCCHI

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LE QUOTAZIONI di Tito Sarrocchi

Le quotazioni dei dipinti di TITO SARROCCHI vanno dai 2.000 ai 4.000 Euro.

 

QUOTAZIONI TITO SARROCCHI

Tipologia opere Dimensione Quotazione
Olio su tela medie 2.000 – 4.000 Euro

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BIOGRAFIA DI TITO SARROCCHI

Tito Sarrocchi vide la luce per la prima volta nella città di Siena il 5 gennaio del 1824, proveniente da una famiglia modesta composta dal fabbro Antonio e dalla sarta Rosa Mancini. Due anni dopo, nel 1826, giunse al mondo anche il fratello Cesare, destinato purtroppo a lasciarlo presto, seguito, due anni più tardi, dalla comparsa della sorella Adelina.

I Primi Passi nell’Arte

Verso la fine del 1833, intraprese il cammino verso l’arte, entrando nella bottega dell’intagliatore Antonio Manetti, il quale dirigeva il cantiere dei restauri della cattedrale senese. Parallelamente, ottenne l’ammissione all’Istituto di belle arti mentendo sull’età, desideroso di apprendere. I suoi mentori iniziali furono i pittori Vincenzo Dei e Francesco Nenci, guadagnandosi già nel 1835 un posto nell’«Elenco degli studenti che progrediscono». Tra il 1837 e il 1838, iniziò a plasmare i marmi nel cantiere dell’Opera del duomo, dando forma ai suoi primi sogni artistici.

Le Sfide della Vita Familiare

La vita familiare di Tito subì un duro colpo nel maggio del 1839 con la scomparsa della madre, seguita poi, pochi mesi più tardi, dall’incidente che rese quasi cieco il padre. Così, la famiglia si ritrovò a dipendere interamente dal modesto guadagno del giovane Tito e dalle abilità di sarta della sorella maggiore Elvira, cercando di far fronte alle difficoltà con determinazione e sacrificio.

La Fuga a Firenze

Nel 1841, con soli quattro scudi in tasca ottenuti grazie alla gestione delle feste di carnevale dell’Accademia dei Rozzi di Siena, Tito decise di intraprendere il viaggio verso Firenze. Qui, trovò rifugio nella bottega di Leopoldo Pisani, affrontando la sfida di scolpire il marmo broccatello della Montagnola, un materiale estremamente ostico, dando forma a piccoli leoni tratti da un modello canoviano. L’anno seguente, si immerse nelle lezioni serali tenute da Lorenzo Bartolini all’Accademia di belle arti di Firenze, ampliando i suoi orizzonti artistici.

Nuove Amicizie e Nuove Sfide

Il destino di Tito lo condusse a conoscere il connazionale Giovanni Duprè, aprendo così le porte alla sua bottega all’inizio del 1844, dopo aver perso la sorella Adelina e assistito al matrimonio di Elvira. Nel 1846, insieme al padre, si trasferì in un modesto appartamento, condividendo lo spazio con Duprè stesso, in via Nazionale. Nello stesso anno, si distinse al concorso triennale dell’accademia fiorentina con il suo bassorilievo in gesso intitolato La donna adultera, guadagnandosi il terzo posto.

Impegno Politico e Sociale

Tito non si limitò all’arte, ma si immise anche attivamente nella vita politica e sociale del tempo. Nel 1848 partecipò ai moti insieme a Luigi Maioli ed Enrico Pazzi, anch’essi giovani scultori reclutati da Duprè nella sua bottega. L’anno successivo, entrò a far parte della guardia civica e il 12 aprile si trovò a dover sedare una rivolta del popolo fiorentino contro alcune guardie livornesi, dimostrando il suo impegno verso la comunità e la giustizia sociale.

Nella prestigiosa cornice della mostra dell’Accademia di belle arti di Firenze, nel settembre del 1851, fu presentata al pubblico una straordinaria opera: una Baccante, scolpita a tutto tondo, segnando così un momento di grande significato per il giovane artista. Questa fu la sua prima scultura realizzata completamente in autonomia, un passo avanti significativo nel suo percorso artistico.

Il suo talento, già evidente all’interno della bottega di Duprè, dove si era distinto per la sua meticolosità nella lavorazione del marmo, attirò l’attenzione. Quando, nel 1852, il titolare della bottega, esausto nervosamente, decise di trasferirsi temporaneamente a Napoli, Sarrocchi fu incaricato di assumere la direzione.

Le commissioni

Nel 1855, il comitato incaricato dell’erezione di un monumento all’ingegnere Giuseppe Pianigiani a Siena, consultò Duprè su chi potesse completare l’opera rimasta incompiuta dall’allora scomparso Enea Becheroni. Duprè suggerì Sarrocchi per il compito, raccomandandolo anche a Luigi Mussini, direttore dell’Istituto d’arte senese. Questo segnò l’inizio di una nuova fase nella carriera di Sarrocchi.

Nell’estate dello stesso anno, Sarrocchi ritornò a Siena e prese possesso dello studio precedentemente occupato da Becheroni nel chiostro di S. Domenico. Qui avrebbe lavorato instancabilmente per i successivi quarant’anni, lasciando un’impronta indelebile sulla città.

Il Trionfo Artistico

Il monumento a Pianigiani, completato nel 1858, suscitò un’ampia ammirazione sia dalla critica che dal pubblico, garantendo a Sarrocchi il titolo di “scultore civico” di Siena. Negli anni successivi, Sarrocchi fu incaricato di numerosi progetti pubblici e privati, dalla realizzazione di monumenti funebri al restauro di opere d’arte antiche.

La reputazione di Sarrocchi come abile restauratore di marmi antichi si diffuse rapidamente, portandolo ad ottenere commissioni di prestigio e incarichi pubblici di rilievo. Oltre al restauro di opere celebri, come il pulpito di Giovanni Pisano a Pisa, Sarrocchi fu coinvolto anche in importanti commissioni governative relative alla conservazione dei monumenti.

Il Manifesto della Morte e l’eredità artistica

Nel 1860, Sarrocchi creò una delle sue opere più mature, la statua del Genio della morte, che fu collocata nella cappella Venturi Gallerani del camposanto della Misericordia. Questa scultura, caratterizzata da una profonda riflessione sul tema della morte, rappresentava un nuovo apice nella sua carriera artistica.

Negli anni successivi, Sarrocchi continuò a lavorare su una serie di progetti ambiziosi, dal restauro di opere d’arte rinomate alla creazione di nuove opere commissionate dai più importanti istituti culturali e religiosi. Il suo contributo all’arte e alla cultura di Siena sarebbe stato duraturo e significativo.

Il Matrimonio e le Prime Perdite

Il 22 maggio del 1861, Sarrocchi unì i suoi destini a quelli di Ernesta Gani, una connessione destinata a un rapido strappo dal tessuto del destino. Il loro amore fu breve e fugace, spezzato tragicamente dall’amara perdita di Ernesta e del loro bambino nell’anno successivo, il 1862. Fu un colpo devastante, un’inondazione di dolore che sommerse l’anima di Sarrocchi, lasciando un vuoto insormontabile nel suo cuore.

Mentre il dolore ancora bruciava come brace ardente dentro di lui, la vita continuava a tessere il suo intricato disegno. Il 4 agosto 1862, una nuova tragedia oscurò l’orizzonte di Sarrocchi con la morte del pittore Angiolo Visconti, un amico caro, annegato nelle acque del Tevere a Roma. Fu Sarrocchi stesso ad affrontare il dolore, viaggiando fino alla capitale per recuperare i ricordi del suo amico, scrutando tra le sue opere e raccogliendo i frammenti di una vita interrotta.

Crescita Politica e Familiare

Negli anni che seguirono, Sarrocchi trovò rifugio nel lavoro e nell’impegno politico. Nel 1865, entrò nel Consiglio comunale di Siena, un passo verso una carriera politica che avrebbe visto riconferme nel 1880 e nel 1885. Nel frattempo, la vita personale di Sarrocchi si arricchiva con un nuovo legame: il matrimonio con Emma Pallini il 29 settembre 1867. Da questo matrimonio, nacquero Guido, Gino, Adele, Giuditta e infine Annina, una famiglia che portava nuova luce nella vita di Sarrocchi.

Espansione Artistica e Riconoscimenti

Attraverso gli anni Sessanta, l’arte di Sarrocchi fioriva in una varietà di opere, dall’intimo al monumentale. Commissioni prestigiose, come il rilievo dell’Invenzione della Croce per la chiesa di S. Croce a Firenze, e il gruppo delle Virtù teologali per la cappella Buonsignori del camposanto della Misericordia, attestavano la sua abilità e la sua versatilità come artista. La sua figura della Carità, in particolare, rifletteva un’ispirazione che si nutriva di epoche passate, trasmettendo un senso di umanità e calore.

Nel 1873, completò il suo capolavoro, il Tobia che seppellisce un morto, una scultura che incarnava la sua estetica del ‘bello nel vero’. Con una maestria tecnica senza pari, Sarrocchi dava vita alla pietra, rivelando la rugosità dei tessuti e la morbidezza della carne con una precisione straordinaria. Questo orientalismo artistico trovava espressione anche nell’imponente figura di Ezechiele, testimone della visione profetica della resurrezione.

L’Influenza oltre i Confini

La fama di Sarrocchi oltrepassava i confini della sua amata Siena, raggiungendo città lontane come Alessandria d’Egitto, Genova, Modena e Napoli. Le sue opere venivano esibite con orgoglio nelle esposizioni nazionali e internazionali, dove attiravano l’ammirazione dei critici e del pubblico. Tuttavia, era nei dettagli più intimi che la sua arte risplendeva: dalle scene infantili ed edificanti come La prima preghiera e La prima lettura, al ritratto sensuale della Baccante, ogni opera portava il marchio distintivo di Sarrocchi.

L’Eredità e la Fine di un’Epoca

Nel 1894, Sarrocchi concluse il suo percorso artistico con la creazione dell’Angelo della resurrezione per la cappella Ciseri De Metz. Decise di chiudere lo studio, donando la sua collezione di modelli in gesso al Comune di Siena, un atto di generosità che testimoniava il suo amore per la sua città natale.

La sua fine giunse nel 1900, a Siena, dove Sarrocchi si spense nella sua casa di piazza Pianigiani. Fu sepolto nel camposanto della Misericordia, dove il suo spirito viveva ancora tra le sue opere immortali. Un busto ritratto in marmo, scolpito dal suo devoto allievo Arnoldo Prunai, presidiava la sua tomba, mentre le memorie di Sarrocchi continuavano a danzare tra le mura di Siena, un tributo duraturo a un grande artista e uomo.

 

Tito Sarrocchi Fonte Gaia Piazza del Campo Siena Toscana - Prudenza
Tito Sarrocchi Fonte Gaia Piazza del Campo Siena Toscana – Prudenza

 

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