PERICLE FAZZINI

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BIOGRAFIA DI PERICLE FAZZINI

Pericle Fazzini (nato il 4 maggio 1913 a Grottammare, il 4 dicembre 1987 a Roma) è stato uno scultore italiano. È uno dei più importanti rappresentanti dell’arte moderna dopo il 1945.

A Grottammare, una pittoresca località nella provincia di Ascoli Piceno, il 4 maggio 1913, venne alla luce un giovane di nome Fazzini. Questo giovane spirito, figlio di Vittorio e Maria, si avviò verso un futuro sorprendente. Fin dalla più tenera età, iniziò a lavorare all’interno della falegnameria di famiglia, circondato dai suoi numerosi fratelli, imparando l’arte di intagliare il legno e dedicando ogni momento libero alla scultura.

Circa nel 1929, un poeta di nome Mario Rivosecchi, compaesano di Pericle e amico della famiglia Fazzini, riconobbe il talento precoce di Fazzini e convinse il padre a sostenere le aspirazioni artistiche del giovane, mandandolo a studiare a Roma.

Così, nel 1930, Fazzini si trasferì nella capitale, Roma, dove iniziò a frequentare i corsi della Scuola Libera del Nudo, immerso nell’arte e nella cultura della città eterna. Lì, ammirò le sculture barocche che adornavano la città e affinò la sua sensibilità artistica.

L’incontro con Ziveri:

Tra i suoi primi amici romani, spiccava il pittore Alberto Ziveri, con il quale condivise lunghi momenti di studio e prime esperienze artistiche. Di notevole rilievo fu la loro collaborazione alla IV Triennale di Monza nel 1930, sotto la guida dell’architetto razionalista Luigi Moretti, nella realizzazione della Casa del Poeta.

Il 1931 si rivelò un anno di trionfi per Fazzini, vincendo il concorso per la creazione di un monumento dedicato al Cardinale Dusmet (anche se quest’opera non fu mai realizzata, il bozzetto rimane custodito a Catania, Palazzo degli Archivi). Nel frattempo, la sua curiosità artistica si allargò alla scultura moderna, come dimostrano gli appunti con tracce di ammirazione giovanile per Rodin, Bourdelle e Maillol.

Nel 1932, il suo bassorilievo “Uscita dall’arca” gli valse il Pensionato Artistico Nazionale, garantendogli un discreto sostegno finanziario per due anni e l’uso di uno studio sul Campidoglio. Questo segnò l’inizio di un periodo di lavoro intensivo, i cui primi risultati vennero esposti nel gennaio del 1933 presso la Galleria di Dario Sabatello, insieme ad Alberto Ziveri e Giuseppe Grassi.

L’esposizione fu acclamata dalla critica, accostandola all’impatto delle mostre di artisti come Mafai e Scipione tenutesi tre anni prima alla Galleria di Roma. Le opere di Fazzini catturarono l’attenzione di critici come Piero Scarpa, Corrado Cagli, Alberto Neppi e lo stesso Dario Sabatello.

Ilcircolo delle Arti e i riconoscimenti:

Nel mese successivo, Fazzini esponeva nuovamente al Circolo delle Arti, ricevendo ulteriori riconoscimenti da parte di Cipriano Efisio Oppo e Giuseppe Pensabene. Le sue amicizie nell’ambiente artistico romano continuarono a crescere, grazie all’introduzione di Giuseppe Ungaretti, che lo mise in contatto con Marguerite Caetani, principessa di Bassiano e curatrice della rivista “Commerce”.

Nel 1934, Fazzini fu invitato a partecipare a una mostra collettiva a Parigi, insieme ad artisti del calibro di E. Vuillard, P. Bonnard, D. de Segonzac e altri. Una delle sue tre sculture in legno inviate, il “Ritratto di Anita”, fu addirittura acquistata dal Musée Jeu de Paume.

Il punto culminante di questo periodo di successo artistico giunse nel 1935, quando Fazzini partecipò alla II Quadriennale d’Arte Nazionale. Le sue due straordinarie opere in altorilievo, intitolate “Danza” e “Tempesta”, suscitarono un’emozione straordinaria e gli valsero un premio di 10.000 lire. Sorprendentemente, queste opere affascinarono anche critici dall’orientamento tradizionalista, come Margherita Sarfatti e Emilio Cecchi.

Dopo aver partecipato alla mostra “Art Italien des XIX et XX siècles” al Jeu de Paume di Parigi e ai Littoriali dell’arte, Fazzini ricevette un invito prestigioso per partecipare alla Biennale di Venezia. Tuttavia, inaspettatamente, il Pensionato Artistico decise di non rinnovargli la borsa di studio, mettendolo di fronte a gravi difficoltà economiche. Questo momento di sfida non fece che rafforzare la determinazione di Fazzini a perseguire la sua passione artistica, nonostante le avversità finanziarie.

I Momenti Segreti

Negli anni compresi tra il 1935 e il 1938, Fazzini attraversò un periodo di grande sfida. Utilizzando il premio vinto alla Quadriennale, lo scultore prese in affitto uno studio a via Margutta, dove lavorò instancabilmente per il resto della sua vita.

Si ritirò dal mondo artistico romano, cercando ispirazione nella solitudine e dando vita a alcune delle sue opere più straordinarie, tra cui il “Ritratto di Ungaretti” e la “Danzatrice”. Parallelamente, partecipò a mostre pubbliche con opere di minore complessità, talvolta legate alla propaganda del regime dell’epoca.

Il 1938 segnò la fine di questo isolamento artistico, quando Fazzini decise di partecipare con slancio alla Biennale di Venezia. Qui presentò un gruppo di sculture eccezionali che lo posizionarono tra i massimi artisti nella scena artistica europea. Oltre al “Ritratto di Ungaretti”, questo gruppo comprendeva i cosiddetti “Istanti di Solitudine”, due figure in legno che raffiguravano un Giovane che ascolta e un Giovane che declama, caratterizzati da una straordinaria raffinatezza formale.

Queste opere rappresentavano la culminazione di una ricerca artistica che Fazzini aveva perseguito tenacemente negli anni ’30, seguendo l’ispirazione della scultura greca, dalla fase arcaica all’eleganza classica di Fidia, Lisippo e l’esuberanza compositiva dell’ellenismo.

Il confronto con i grandi maestri:

Questo confronto con i grandi maestri dell’arte classica europea non indebolì mai la sua originalità artistica. Nel 1939, durante la II Quadriennale, ampliò ulteriormente il suo orizzonte artistico con l’opera “Passaggio del Mareb”, un bassorilievo che raffigurava un episodio della guerra d’Etiopia. Quest’opera richiamava alla mente le complesse superfici e il dramma storico delle colonne onorarie romane, riflettendo la situazione politica sempre più tesa del periodo.

Questo periodo vide anche l’ascesa di “Corrente”, una rivista milanese che raccoglieva le energie e le dissidenze dell’arte italiana emergente. Fazzini, insieme ad altri artisti romani, partecipò alla seconda mostra promossa da questo movimento nel dicembre 1939 presso la Galleria Grande di Milano. Nel gennaio del 1940, sempre seguendo l’evoluzione verso un nascente “realismo”, prese parte a una mostra collettiva presso la Galleria di Roma, insieme a R. Guttuso, V. Guzzi, L. Montanarini, O. Tamburi e A. Ziveri.

Nel giugno del 1940, Fazzini sposò Anita Buy, la scrittrice con cui aveva stabilito una profonda connessione. Poco dopo, partì per il servizio militare, inizialmente a Padova e successivamente a Zara. Durante il suo soggiorno a Zara tra il 1941 e il 1942, Fazzini continuò a lavorare con grande impegno. Molti dei suoi disegni vennero pubblicati su riviste prestigiose come “Primato”, “Documento” e “Domus”. Inoltre, lo scrittore Curzio Malaparte acquistò il suo rilievo “Danza” per collocarlo nella sua celebre villa a Capri.

La svolta artistica:

Ma la svolta artistica più significativa fu l’avvio della produzione dei “bronzetti”, una nuova fase creativa basata sulla tecnica antica della “cera perduta”. Questa sperimentazione artistica avrebbe portato a risultati straordinari negli anni a venire.

Alla fine del servizio militare, nel settembre del 1943, Fazzini fece ritorno a Roma. Qui, si dedicò a una scultura di grande importanza che aveva appena iniziato prima dello scoppio della guerra: “Il Ragazzo con i Gabbiani”. Realizzata in legno con accenni di colore, questa opera ritraeva un giovane intento a raccogliere conchiglie sulla riva del mare, circondato da gabbiani in volo.

Rappresentare questo tema in scultura era una sfida titanica, ma Fazzini riuscì a catturare la luce dell’estate, l’atmosfera aerea e il movimento del mare con straordinaria maestria. Quest’opera ispirò il poeta Ungaretti a chiamare Fazzini “lo scultore del vento” per la sua capacità di evocare gli aspetti più eterei e lirici della natura attraverso la sua arte.

Il dopo guerra:

Dopo la tumultuosa epoca bellica, per Fazzini si aprì un nuovo capitolo nel suo percorso creativo. Riprese il filo interrotto con l’opera “La Figura in Movimento”, in cui aveva osato realizzare una scultura assoluta, un’incarnazione sublime della figura umana al di là delle sue connotazioni sessuali. I lavori in sospeso, interrotti durante il conflitto, trovarono finalmente la loro conclusione, e si lanciò nella creazione di nuove forme espressive.

L’apice di questa ricerca si materializzò nelle opere della “Sibilla” e del “Profeta”, due simboli profondi dell’uomo nel suo rapporto mistico e ascetico con l’universo. Queste due figure, all’interno del loro spazio, raccoglievano l’ansia e la promessa di un nuovo “regno dello spirito”.

Tuttavia, ancor prima di dare vita a queste due sculture memorabili, emerse “Il Fucilato”, un’opera intensamente figurativa che rifletteva il dramma della guerra appena terminata. Questo lavoro rappresentò una delle prime espressioni artistiche in cui affiorò in lui un sentimento religioso di dolore e sofferenza umana, temi che sarebbero ritornati spesso nelle sue creazioni, rivelando un lato pessimista, amaro e acuto della sua personalità.

Le esposizioni con altri artisti:

Nel 1946, ebbe l’opportunità di esporre presso la Galleria del Secolo di Roma, affiancato da altri grandi artisti come A. Corpora, R. Guttuso, S. Monachesi, e G. Turcato, presentando opere realizzate dieci anni prima. Questa scelta rappresentava un volontario atto di riconnessione con le esperienze artistiche e formali con cui aveva iniziato il suo percorso.

Un evento significativo fu la sua vittoria al Premio Torino del 1947 con l’opera “Anita in Piedi,” datata al 1939. Questo successo sottolineò la sua capacità di riprendere il filo delle sue ricerche passate e di farle convergere in una sintesi formale straordinaria.

Nel giugno del 1947, partecipò alla prima “Mostra del Fronte Nuovo delle Arti” a Milano, presso la Galleria della Spiga, accanto ad altri artisti come Leoncillo, N. Franchina, A. Corpora, E. Vedova e R. Guttuso. Questi artisti stavano allora cercando di esplorare un linguaggio artistico basato sulla sintassi cubista o neocubista, cercando di riallacciare i fili con la cultura europea.

Grazie a una solida preparazione maturata sin dalla sua giovinezza, attraverso la sua adesione al razionalismo architettonico e la sua innata propensione per la sintesi delle forme, trasse preziose lezioni da queste esperienze. Questi insegnamenti lo condussero alla creazione della “Sibilla,” che vinse il Premio Saint Vincent nel 1949, e del “Profeta,” opere di straordinaria qualità artistica.

Le realizzazioni architettoniche:

Negli anni 1950-51, rinnovò il suo rapporto con l’architettura, realizzando maestose figure angeliche per la cappella di Santa Francesca Cabrini a Roma, nel quartiere San Eugenio. Nel mese di aprile del 1951, la Fondazione Premi Roma ospitò una vasta retrospettiva della sua opera, introdotta da significativi scritti degli amici R. Lucchese e G. Ungaretti. Lo stesso anno, ricevette il prestigioso Premio Einaudi dall’Accademia di San Luca, che sottolineò ulteriormente il valore delle sue creazioni nel mondo dell’arte.

Trionfi Internazionali

Nel lontano 1952, in una serata straordinaria presso la prestigiosa Alexander Jolas Gallery di New York, l’artista Fazzini inaugurava una nuova era, aprendo le porte a un’eclettica carriera internazionale. Lo stesso anno, l’editore De Luca presentava al mondo la prima monografia sull’artista, un’opera curata con maestria da R. Lucchese.

Il 1954 vedeva Fazzini in una straordinaria partecipazione alla Biennale di Venezia, dove una sua personale si guadagnava il primo premio nella categoria scultura. L’anno successivo, si apriva un nuovo capitolo nella sua carriera quando veniva nominato professore di scultura all’Accademia di Firenze. Per quattro intensi anni, condivideva la sua saggezza con giovani talenti, pur mantenendo la sua dimora a Roma. In seguito, portava la sua esperienza all’Accademia di Belle Arti di Roma (dal 1958 al 1980).

Nei tumultuosi anni del 1956-57, Fazzini intraprendeva uno dei progetti più ambiziosi della sua vita: un monumento dedicato alle vittime di Auschwitz (benché mai realizzato). L’idea era audace e commovente; concepiva un’ampia piazza concava, estesa per sessanta maestosi metri, con intricati percorsi tra le sculture dei defunti. Mentre le persone procedevano verso il centro, si ritrovavano lentamente in una discesa graduale, fino a trovarsi a livello degli sguardi fissi delle teste scolpite.

Le opere monumentali:

Negli anni successivi, il suo impegno crescente verso opere monumentali divenne sempre più evidente. Nel biennio 1959-60, creava il portale in bronzo per la chiesa di San Giovanni Battista, che si ergeva maestosamente sull’Autostrada del Sole, nei pressi della stazione di Firenze nord. Quest’opera presentava scene iconiche come il Passaggio del Mar Rosso e l’Arrivo dei Re Magi. Tra il 1961 e il 1965, Fazzini si dedicava alla creazione di una magnifica Fontana per il Palazzo dell’ENI a Roma EUR. Questa straordinaria opera d’arte proiettava il sottosuolo all’esterno, isolando un frammento in modo tale che gli spettatori potessero percepire le profonde stratificazioni della terra, fino alle viscere da cui veniva estratto il prezioso petrolio (cfr. Fazzini, cit., p.88).

Nel 1964-65, nasceva il Monumento alla Resistenza ad Ancona, seguito dal bozzetto di un mai realizzato Monumento a Kennedy. Quest’ultimo avrebbe dovuto essere una gigantesca stele, alta ben 30 metri, con tagli e fenditure lungo la sua lunghezza, svelando, quando illuminata dal controluce, il profilo di Kennedy. Una versione in scala ridotta, successivamente intitolata “Metamorfosi” e fusa in bronzo, venne donata anni dopo alla sua città natale.

Il 1965-66 segnava la conclusione del suo lavoro per il Palazzo della Federconsorzi a Roma. Nel 1955, aveva creato un lungo fregio sulla facciata, lungo 52 metri e alto 15, intitolato “I campi”. Nel 1965-66, realizzava un altorilievo in legno all’interno del palazzo, chiamato “Il solco”, rappresentante un campo arato tra due file di olivi contorti, evocando il paesaggio marchigiano. In quest’opera, Fazzini riscopriva l’energia straordinaria delle sue prime sculture giovanili.

Le mostre in Germania e Giappone:

Mentre in Italia si accumulavano commissioni per opere pubbliche, l’interesse per Fazzini cresceva anche all’estero. Nel 1961, teneva una personale a Darmstadt, seguita nel 1962 da una mostra alla Kunsthalle di Düsseldorf. Nel 1963, in Giappone, vedeva la luce una nuova monografia, contribuendo significativamente alla fama dell’artista in questo paese, noto per il suo profondo interesse nella scultura italiana (Fazzini avrebbe successivamente esposto in mostre personali e collettive in Giappone nei anni 1970, ’71, ’72 e ’73).

Sotto il profilo stilistico, gli anni Sessanta si rivelarono un periodo di ferventi sperimentazioni. Nel suo continuo sforzo per astrarsi dalle forme naturali, Fazzini diede vita alla “Conchiglia” per la Quadriennale del 1965, una massiccia scultura mobile in bronzo. Inoltre, progettò il “Monumento al marinaio” per il porto di San Benedetto del Tronto, anche se quest’opera non vide mai la luce. Questa scultura avrebbe dovuto incarnare i movimenti del mare, del vento e il volo dei gabbiani, innalzandosi per ben 26 maestosi metri e seguendo le correnti d’aria con grazia e maestria.

La Risurrezione:

Nel 1970, Fazzini si immerse nell’epica avventura della “Risurrezione”, un’imponente opera scultorea destinata alla Sala delle Udienze in Vaticano. Questa impresa titanica può essere considerata il culmine della sua carriera artistica, rappresentando un punto di approdo significativo per tutte le sue ricerche precedenti. In questo capolavoro, è possibile intravedere una sintesi dei suoi grandi amori artistici: la sensuale “pelle sulle costole” che aveva affascinato Fazzini sin dagli anni ’30, avvicinandolo al barocco e all’estetica di Rodin; il profondo sentimento mistico per la natura, che lo spinse a reinventare le forme di alberi e nuvole, dispiegate come un ventaglio attorno al Cristo.

Inoltre, questo progetto rappresentò un ulteriore trionfo del suo straordinario “mestiere”, consentendogli di adottare soluzioni tecniche innovative e avanzate. La genesi di questa monumentale scultura fu un lungo processo: i primi contatti con il Vaticano risalgono al 1965, ma la decisione definitiva di realizzare l’opera avvenne solo nel 1972, grazie anche all’intervento personale di Papa Paolo VI.

Il ciclo di lavoro:

L’intero ciclo di lavoro, dalla progettazione alla fusione, richiese quasi sette anni di instancabile dedizione, culminando con l’inaugurazione solenne avvenuta il 28 settembre 1977. L’episodio evangelico della Resurrezione fu reinterpretato da Fazzini come una straordinaria esplosione che sconvolgeva l’orto di Getsemani. Qui, Cristo emergeva da una composizione di elementi naturali: in basso, la roccia, le radici e i rami contorti degli ulivi; più in alto, le nuvole che si aprono come un mantello celeste, e infine, una maestosa corona di saette.

Tuttavia, durante le fasi finali di questa titanica impresa, l’artista, esausto dalla straordinaria fatica, fu colpito da una trombosi. La sua ripresa fu lenta ma costante, e i suoi ultimi anni trascorsero in una relativa tranquillità, tra il suo studio in via Margutta e la casa da lui costruita a Grottammare, circondato da un bosco di querce secolari. In questi anni, Fazzini si dedicò principalmente a creare bronzetti, all’arte dell’incisione e alla raccolta dei suoi numerosi scritti e appunti, confermando la sua straordinaria versatilità e il suo eclettismo artistico fino alla fine dei suoi giorni.

 

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