GIUSEPPE CAPOGROSSI

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LE QUOTAZIONI di Giuseppe Capogrossi

Le quotazioni per le opere dell’artista Giuseppe Capogrossi, realizzate con tecnica mista su supporti quali tela e cartone, oscillano da €10.000 a oltre €120.000. I dipinti figurativi presentano valutazioni più contenute, con stime medie che variano tra €7.000 e €35.000. Il record di vendita risale al dipinto della serie “Superfici”, che rappresenta una sua caratteristica composizione astratta, di notevoli dimensioni ceduto per circa €400.000.

Siamo a disposizione tramite il nostro perito ed esperto d’arte per stimare e valutare gratuitamente le opere di Giuseppe Capogrossi.

Per ricevere la stima o quotazione bisogna inviare una foto del dipinto, specificando le misure al netto della cornice, utilizzando il form presente in ogni pagina del sito web, oppure tramite mail o con whatsapp al numero: 3482858142.

Riceverete una risposta il prima possibile, in linea con il valore di mercato attuale secondo le nostre accurate considerazioni.
Ci riserviamo di valutare l’acquisto del quadro se risulta di nostro interesse.

N.B. Le precedenti valutazioni sono puramente indicative, e per una stima corretta e gratuita si prega di inviare una foto ai nostri esperti.

 

QUOTAZIONI INDICATIVE GIUSEPPE CAPOGROSSI

Tipologia opere Dimensione Quotazione
Tecnica mista – olio – cartone medie 10.000 – 120.000 Euro
Figurativi medie 7.000 – 35.000 Euro
Record di vendita medie -grandi 400.000 Euro

 


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BIOGRAFIA DI GIUSEPPE CAPOGROSSI

Giuseppe Capogrossi
Giuseppe Capogrossi

Giuseppe Capogrossi (Roma, 1900-1972) discende da una stirpe dell’antica nobiltà romana. Dopo aver completato gli studi classici nel 1918, si arruola per partecipare alle ostilità in Trentino.

Nei primi anni Venti, la famiglia lo spinge a intraprendere gli studi di giurisprudenza, ma il giovane manifesta già una marcata propensione per l’arte del disegno.

L’Apprendistato Artistico

Al termine dell’università, un influente zio gesuita lo introduce nello studio del pittore e illustratore Giambattista Conti. Qui, si dedica allo studio del disegno e comincia a riprodurre opere di Piero Della Francesca e Michelangelo.

La Scuola d’Arte e le Influenze Cinquecentesche

Nel 1923, si iscrive alla Scuola d’Arte di Felice Carena, dove incontra Emanuele Cavalli e Fausto Pirandello. La pittura del maestro Carena lo colpisce profondamente, soprattutto per le atmosfere magiche e arcane ispirate ai grandi maestri del Cinquecento e del Seicento.

Tra Roma e Parigi

Il 1927 diventa un anno cruciale per l’artista. Partecipa a una collettiva presso la Casa d’Arte Bragaglia a Roma insieme a Giorgio De Chirico, Virgilio Guidi, Francesco Trombadori, e successivamente espone alla Pensione Dinesen con Cavalli e Francesco Di Cocco.

L’Esplorazione Artistica e l’Armonia di Luce e Colore

Insieme a Cavalli, esplora incessantemente la Biblioteca di Storia dell’Arte di Palazzo Venezia, riscoprendo le deformazioni dei manieristi fiorentini, oltre a Bosch e Brueghel. Nel 1933, con Cavalli e Roberto Melli, elabora le prime concezioni di tonalismo, culminando nel Manifesto del Primordialismo Plastico.

Dopo la prima esposizione alla Galleria di Roma, l’arte di Capogrossi si concentra sull’accostamento armonico di luce e colore, influenzato dalle opere di Piero Della Francesca. Il gruppo riceve il supporto di Pier Maria Bardi.

Dal Tonalismo all’Espressionismo

Nei primi anni ’40, l’artista, influenzato da Corrado Cagli, adotta accensioni cromatiche più forti e un disegno meno ponderato, trasformando la sua arte sotto l’influenza di Cézanne.

Dal 1947, Capogrossi soggiorna a Lienz, in Austria, e inizia a dipingere forme sempre più geometrizzanti, culminando nell'”Informale” degli anni Cinquanta. La sua transizione dalla figurazione crea scandalo tra critica e pubblico.

Gli Anni del Successo e la Fine di un Percorso Artistico

Gli anni ’60 e ’70 sono caratterizzati da numerose personali e successi internazionali, culminando nel 1967 con una monografia dedicata alla sua fase astratta curata da Giulio Carlo Argan.

Negli anni ’70, Capogrossi distrugge tele del periodo figurativo e le rimanenti vengono esposte nella grande antologica alla Galleria Nazionale di Roma nel 1974. L’artista si spegne a Roma nel 1979.

La Rivisitazione dell’Ordine e il Primordialismo Plastico

La partecipazione all’istruzione offerta dalla scuola di Felice Carena concede all’artista di riconsiderare in modo diverso il ritorno all’ordine. Sviluppa una prospettiva innovativa per osservare la realtà. Paesaggi senza tempo e figure assorti e immobili di Capogrossi, simili a quelle di Emanuele Cavalli e Francesco Di Cocco, sono caratterizzati da un primitivismo acceso e lirico.

Con il Primordialismo plastico si raggiunge una definizione armonica della forma, attraverso un tonalismo delicato e perfettamente equilibrato, come si evince nelle opere degli anni Trenta. La Biennale di Venezia del 1930 vede l’esposizione di opere come Marina, Donna col velo, Paesaggio, Natura morta, Casa in demolizione e Arlecchino alla Sindacale del Lazio del 1931.

Affreschi Pompeiani e Figure Monumentali

Si manifesta un’unione silenziosa di figure primitive ponderate e monumentali con forme archetipiche, quasi in ricordo degli affreschi pompeiani, nella loro preziosa solennità. Atleti, poeti, donne, musicisti e il Tevere sono soggetti frequenti nelle opere del pittore.

Alla Sindacale fiorentina del 1933, Capogrossi presenta Allenamento alla corda e Ritratto di giovinetta, mentre alla Quadriennale romana del 1935 partecipa con Giocatore di ping-pong, Ballerina, Diablo, Paesaggio, Piena sul Tevere e Ritratto del pittore Paladini. Le mostre rivelano parti di una Roma frammentaria e muta.

L’Evoluzione nell’Asprezza

Con Ballerina, Capogrossi si aggiudica il Premio Bergamo del 1942, avvicinandosi a una pittura meno sospesa e tonale, ma più aspra, caratterizzata da pennellate visibili e graffianti.

Negli anni Cinquanta, si conclude l’esperienza figurativa di Giuseppe Capogrossi. Dopo un soggiorno montano, elabora una pittura che gradualmente si allontana dalla figurazione e dal reale, approdando a forme astratte e ripetute.

Il Modulo a Pettine o a Forchetta

Il celebre modulo a pettine o a forchetta viene presentato per la prima volta nel 1950 a Roma, presso la Galleria del Secolo nel 1950. L’artista affronta l’accusa di “tradimento”, ma respinge le critiche con tranquillità e sicurezza interiore, come dichiara al suo amico Cavalli. Il Dominio del Modulo

Da questo punto in poi, il modulo, soprattutto nero su bianco, con accensioni di rosso, diventa il tratto distintivo di tutta la carriera del pittore fino alla sua morte. Il segno diventa più significativo di qualsiasi altra immagine, con molte opere della fase figurativa che vengono distrutte e rinnegate.

 

 

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