GIOACCHINO TOMA

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BIOGRAFIA GIOACCHINO TOMA

Gioacchino Toma il 24 gennaio 1836, nella via di San Catterina a Galatina, nella Terra d’Otranto, vide la luce un neonato destinato a segnare il proprio percorso con tratti insoliti. Pietro, un medico di mestiere, e Petrina Strati, sua madre, gli diedero i natali.

La scomparsa del padre quando aveva appena sei anni, seguita due anni dopo da quella della madre, plasmò la sua giovinezza in maniera irrevocabile. Quest’adolescenza tumultuosa è stata narrata vividamente dall’artista stesso nel suo racconto autobiografico. Il suo percorso formativo oscillò tra gli studi in istituti religiosi e una vita vissuta per le strade di Galatina. La sua ribellione al severo insegnamento di un convento francescano causò il suo allontanamento e l’espulsione. In particolare dopo la morte della madre, si ritrovò a guidare una banda di giovani dedita a piccoli atti criminali.

Le prime produzioni creative furono una serie di schizzi caricaturali. Sin da bambino, si sentì attratto dall’arte del disegno, influenzato dalle incisioni del Poliorama Pittoresco che amava riprodurre con la penna. Con la famiglia materna, con la quale ebbe rapporti conflittuali, trovò rifugio. Nel 1848, partecipò attivamente alle dimostrazioni a sostegno della Costituzione. I disordini causati dalla sua banda lo portarono alla confinazione in un convento di cappuccini.

Il Percorso Verso l’Arte

Fu solo nel 1850, dopo una malattia, che poté immergersi nella pratica del disegno all’ospizio dei poveri di Giovinazzo, in Terra di Bari. Il professore di disegno dell’istituto, Nicola Ricciardi, notando le sue capacità, gli affidò diversi compiti. Tuttavia, il suo temperamento focoso lo portò a ferire un compagno e a finire in carcere per quindici giorni, peggiorando i suoi problemi di salute.

Nonostante le delusioni e le incertezze sul suo futuro, tra il 1853 e il 1855 lavorò tra Galatina e Tricase, producendo opere di carattere religioso e ritratti. Nel 1856, decise di lasciare la Puglia per trasferirsi a Napoli, dove incontrò il pittore Gennaro Guglielmi, che lo introdusse nell’ambiente artistico locale. In questo periodo, continuò a perfezionarsi nel disegno su trasparente, collaborando con il paesaggista Alessandro Fergola.

Le Sfide e le Vittorie

Nel 1859, partecipò con successo all’importante esposizione borbonica di Napoli. Divenne un fervente patriota, prendendo parte all’assalto di Benevento e alla guerra del Volturno con il grado di sottotenente.

Dopo essere stato imprigionato a Isernia, fu liberato dall’intervento del generale Enrico Cialdini. Tornato a Napoli, avviò una nuova fase della sua carriera artistica. Nel 1861, espose a Firenze e successivamente partecipò con assiduità alle esposizioni della Società Promotrice di Belle Arti di Napoli. Il suo stile divenne sempre più intimista e legato al clima politico del tempo.

Il Trionfo Artistico

Negli anni successivi, dipinse con intensità emotiva ritratti e scene storiche. Il suo impegno nel movimento risorgimentale si manifestò anche attraverso la sua produzione artistica. La sua opera divenne sempre più apprezzata e riconosciuta nel contesto artistico italiano dell’epoca.

L’Esposizione Universale di Parigi del 1867

Il dipinto, uno dei principali esempi di narrativa storica dell’artista, ritrae il celebre evento della sollevazione contro l’inquisizione spagnola del 1547, fortemente sentito dalla classe intellettuale napoletana e, per ideali personali e sensibilità, anche dall’artista stesso. Emerse come una delle sue opere più fortunate, facendo ritorno all’Esposizione universale di Parigi del 1867, dove ricevette l’approvazione di Ernest Meissonier, garantendo all’artista un notevole profitto con la sua vendita.

Le Incertezze di Toma

In generale, l’adesione allo stile di Morelli e dei suoi seguaci gettò Toma in uno stato di incertezza dovuto a una generale “carenza di studi”. Questa mancanza di preparazione si manifestò nel suo lavoro creativo con l’incapacità di completare un’opera per il concorso promosso dal Comune di Napoli nel 1863, avente come tema “le Signore del ’99 che, per sfuggire alla folla, si rifugiano armate in Castel Sant’Elmo”, cercando di omaggiare le protagoniste di un evento della rivoluzione del 1799.

L’impegno nell’Insegnamento

Nella seconda metà degli anni Sessanta, per superare un periodo di stagnazione nella sua produzione artistica e per provvedere al sostentamento della sua famiglia – essendosi sposato con Diletta Perla e avendo avuto sei figli verso la metà del decennio – Toma si dedicò all’insegnamento del disegno. Tra le varie istituzioni in cui insegnò, ci fu la Scuola operaia di arti e mestieri ospitata nell’ex convitto Cirillo.

In quel periodo, fu attivo anche nell’Ospizio femminile di San Vincenzo Ferreri nel rione Sanità, insegnando disegno applicato al ricamo; durante questo periodo, probabilmente, iniziò a concepire i primi progetti di merletti napoletani, successivamente raccolti in quaranta tavole pubblicate nel 1883 nell’album “Merletti napoletani a piombini a punto legatore”, dedicato alla regina Margherita di Savoia, un’appassionata dell’arte del ricamo.

Innovazioni Pedagogiche

Toma sentì particolarmente l’importanza dell’insegnamento e, oltre a realizzare una serie di dipinti legati a questo tema, si impegnò a promuovere un nuovo metodo pratico di studio del disegno ornamentale. I risultati dei suoi sforzi furono presentati al VII Congresso pedagogico di Napoli nel 1870, dove fece parte della Commissione incaricata del disegno.

Il Nascere di un Nuovo Decennio

Nel mondo degli istituti per i bisognosi, pieno di giovani orfani occupati, si rivelò cruciale la scelta dei soggetti che inaugurarono la nuova tendenza artistica. L’istituto delle tessitrici non vedenti presenta somiglianze con le innovazioni apportate dai pittori macchiaioli, visibili sia sul piano stilistico sia emotivo.

Si presume che Toma abbia preso spunto dalle ricerche toscane di Silvestro Lega e Odoardo Borrani, probabilmente apprese attraverso l’influenza di Adriano Cecioni, a Napoli tra il 1863 e il 1867, e dalle esperienze simili degli artisti della Scuola di Resina, un movimento avviato alcuni anni prima con “Il pittore e la modella” (1864) e sviluppato completamente negli anni successivi.

Le due madri e la prima versione di Luisa Sanfelice in prigione incarnano bene la nuova direzione artistica degli anni Settanta, caratterizzata dall’abilità innata nel bilanciare gli effetti di luce diffusa e da una tavolozza inedita, incentrata su combinazioni cromatiche sobrie organizzate su scale di grigi e su sottili variazioni di colore. In particolare, il tono grigio, che ha iniziato a distinguere i dipinti di Toma, ha contribuito a liberarlo dall’influenza degli stili di pittura precedenti, favorendo un orientamento più autonomo, senza precedenti nel panorama artistico napoletano dell’epoca.

L’Espansione Artistica degli Anni Settanta

L’organicità della pittura degli anni Settanta si riflette nelle opere esposte alla Mostra Nazionale di Napoli del 1877, dove furono presentati dipinti come “La messa in casa”, “Il viatico dell’orfana” e “La guardia alla ruota dei trovatelli”.

Una pittura descritta come “sbiadita, timida, quasi sofferente” da Netti, basata saldamente su principi di composizione prospettica e di accurata resa luministica adottati nelle opere precedenti, ma con l’inizio di una nuova sensibilità che si sarebbe manifestata pienamente negli anni Ottanta, con modulazioni chiaroscurali più raffinate e una composizione più matura.

L’Accademia e il Riconoscimento

Nel 1878 Toma fu nominato professore aggiunto di pittura ornamentale all’Accademia di Belle Arti di Napoli, insieme a Stanislao Lista. Questa nomina, probabilmente favorita anche dal supporto di Morelli, riflette la ristrutturazione accademica promossa da Filippo Palizzi, eletto direttore dell’istituto nello stesso anno. Grazie alla sua fama nel campo del disegno, Toma mantenne la cattedra all’Accademia fino alla sua morte, ottenendo anche l’insegnamento di disegno dei gessi nella scuola di Architettura nel 1885.

Espansione e Sperimentazione

Alla Mostra Nazionale di Torino del 1880, Toma espose opere come “Educande al coro”, “La confessione del prete” e “La pioggia di cenere del Vesuvio”. Quest’ultima tela, che ebbe un buon successo e fu acquistata dal Ministero della Pubblica Istruzione, segna una svolta nel linguaggio pittorico di Toma e testimonia il suo confronto con altre correnti artistiche dell’epoca.

Verso gli Anni Ottanta

Negli anni Ottanta, i dipinti di genere, sebbene mai del tutto abbandonati, iniziarono a essere sostituiti da paesaggi. Le numerose vedute del Vesuvio, le marine e gli scorci dell’entroterra campano evidenziano il desiderio di trattare il paesaggio con una pennellata sempre più libera e meno controllata. Vi fu anche un tentativo di trasporre in modo scenografico uno dei temi di successo dell’artista, come nel dipinto “Luisa Sanfelice deportata da Palermo a Napoli” del 1884.

Innovazione e Continuità

Verso la fine degli anni Ottanta, Toma cercò di ravvivare la sua produzione artistica, combinando descrizioni insolite di ambienti e temi popolari e sentimentali con uno stile più vitale e rapido.

La Morte e il Riconoscimento Postumo

Toma morì a Napoli il 12 gennaio 1891, a causa di complicazioni legate a un ictus. Una selezione dei suoi dipinti fu esposta postuma alla XXVII Promotrice di Napoli dello stesso anno.

 

Gioacchino Toma Luisa Sanfelice in prigione
Gioacchino Toma – Luisa Sanfelice in prigione

 

Gioacchino Toma Roma o morte 1863
Gioacchino Toma – Roma o morte 1863

 

Gioacchino Toma - Colpo di vento
Gioacchino Toma – Colpo di vento

 

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