ENRICO PRAMPOLINI

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LE QUOTAZIONI di Enrico Prampolini

Quotazioni Enrico Prampolini: Scopri il Valore delle Opere d’Arte

Se sei interessato alle quotazioni delle opere d’arte di Enrico Prampolini, sei nel posto giusto. Le opere del primo periodo futurista dell’artista sono altamente quotate sul mercato dell’arte, con valori medi che oscillano tra i 21.000 e i 42.000 euro. Le opere create successivamente al 1945 hanno un valore stimato tra i 12.000 e i 22.000 euro, mentre i bozzetti per scenografie di Prampolini sono quotati tra i 600 e i 2.200 euro.

Da notare che un record di aggiudicazione straordinario è stato raggiunto nel 1990 con la vendita del dipinto intitolato “La Venere meccanica” per la cifra incredibile di 192.974 euro.

Tuttavia, è importante sottolineare che la valutazione di un’opera d’arte è influenzata da numerose variabili, tra cui il periodo di creazione, le dimensioni, la qualità, lo stile e la tecnica utilizzata. Per ottenere una valutazione precisa e attuale della tua opera d’arte di Enrico Prampolini, ti consigliamo di contattare i nostri esperti. Offriamo valutazioni gratuite e dettagliate per aiutarti a comprendere appieno il valore della tua opera d’arte.

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Riceverete una risposta il prima possibile, in linea con il valore di mercato attuale secondo le nostre accurate considerazioni.
Ci riserviamo di valutare l’acquisto del quadro se risulta di nostro interesse.

N.B. Le precedenti valutazioni sono puramente indicative, e per una stima corretta e gratuita si prega di inviare una foto ai nostri esperti.

RIEPILOGO QUOTAZIONI INDICATIVE ENRICO PRAMPOLINI

Tipologia opere Dimensione Quotazione
Olio su tela – primo periodo futurista medie 21.000 – 42.000 Euro
Olio su tela – dopo il 1945 medie 12.000 – 22.000 Euro
Olio su tela – bozzetti medie 600 – 2.200 Euro
Olio su tela – record d’asta medie 192.974 Euro

 


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BIOGRAFIA DI ENRICO PRAMPOLINI

Enrico Prampolini
Enrico Prampolini

Enrico Prampolini (nato a Modena nel 1894 e scomparso a Roma nel 1956) intraprende un viaggio straordinario nel mondo dell’arte all’inizio del XX secolo. Nel 1912, spinto dalla sua innegabile abilità artistica, decide di lasciare la sua Modena natale per immergersi nell’ambiente culturale di Roma, dove si iscrive all’Accademia di Belle Arti. Uno dei suoi maestri più influenti in questa fase è Duilio Cambellotti. In questo periodo, Prampolini si lascia affascinare dalla corrente simbolista, proprio quando la Secessione romana inizia a fiorire.

L’ECLETTICITA DI ENRICO:

La sua versatilità artistica diventa evidente mentre si forma nella capitale italiana. Non si limita alla pittura ma si sperimenta anche nella scrittura e nel teatro. Questa fase di crescita contribuisce a definirlo come un artista eclettico e dalle molteplici sfaccettature, un tratto che caratterizzerà il resto della sua carriera artistica. Nel 1913, si avvicina al Futurismo, pubblicando l’opera “La cromofonia e il valore degli spostamenti atmosferici”.

In questo periodo, espone accanto ai futuristi, assimilando le lezioni di figure iconiche come Umberto Boccioni e Giacomo Balla, che si concentrano sul movimento e il dinamismo nelle loro opere. Tuttavia, nel 1915, Prampolini viene influenzato dal movimento Dada quando entra in contatto con Tristan Tzara durante la sua tappa a Roma. Questo nuovo interesse lo porta persino a esporre presso la Galerie Dada a Zurigo.

Enrico Prampolini si trova così in una situazione di conflitto creativo tra la poetica ironica e senza senso del Dada e l’astrattismo futurista. Il 1917 è un anno importante, fonda la rivista “Noi”, dove può esprimere liberamente le sue riflessioni teoriche e ospitare scritti di altri artisti europei.

Nel frattempo, Prampolini inizia a lavorare come scenografo per il film “Thait” di Anton Giulio Bragaglia, ma questa è solo l’inizio della sua carriera nel mondo del cinema. Nel corso degli anni, contribuirà come costumista e scenografo a numerosi altri film e spettacoli, ampliando ulteriormente il suo repertorio artistico. Il suo percorso eclettico e in continua evoluzione lo renderà una figura di spicco nell’arte italiana del XX secolo.

LA NASCITA DELLA CASA D’ARTE ITALIANA:

Nel lontano 1919, Enrico Prampolini tracciò le prime linee della Casa d’Arte Italiana, un tempio d’innovazione artistica in cui l’ardente fiamma dell’avanguardia danzava in tutte le sue sfumature: dal tumultuoso Dadaismo al concettuale Cubismo, passando per l’energia vitale del Futurismo. Questo sancta sanctorum dell’arte d’avanguardia, creato con fervente passione, diventò la tela su cui dipingere il futuro dell’espressione creativa.

Nel suggestivo anno 1923, sorse il Manifesto dell’Arte Meccanica, un grido coraggioso nel vasto panorama artistico, e tra gli autori di questo manifesto rivoluzionario, Enrico Prampolini, insieme a Vinicio Paladini ed Ivo Pannaggi, emerse come uno dei suoi principali artefici. Inizialmente, Prampolini e i suoi compagni d’avanguardia avevano siglato il loro impegno senza la firma di un Prampolini furibondo, un dettaglio che aggiunse dramma a questo manifesto iconoclasta.

Le sue opere, visionarie e ardite, sono come composizioni di forme che si intrecciano in una danza sinuosa e inebriante. Le influenze di artisti Dada come Hans Arp si fondono con la sua genialità, dando vita a opere che incarnano l’anima stessa delle macchine. Ma non si tratta di rappresentare la fredda forma esteriore delle macchine; no, Prampolini e i suoi compagni si dedicarono a catturare il loro spirito interno, il loro incessante lavoro interiore. In questo contesto, l’arte si trasforma in un riflesso delle pulsazioni meccaniche della modernità, una danza frenetica di linee e forme che racconta la storia dell’evoluzione tecnologica e spirituale del nostro tempo.

IL PERIODO PARIGINO:

Nel 1925, Enrico Prampolini prese una decisione audace: si trasferì a Parigi, un’epoca in cui la Ville Lumière era il faro dell’arte e della cultura. Questa migrazione segnò l’inizio di un decennio magico, un periodo in cui Prampolini si immerse profondamente nel fervido mondo artistico parigino. Qui, le sue opere vennero esposte principalmente con gli ardenti futuristi, e la sua partecipazione in questa corrente si intensificò fino a diventare un vero e proprio protagonista.

Nel 1926, Prampolini appose la sua firma sul Manifesto dell’architettura futurista, tracciando il suo impegno in questo movimento artistico che abbracciava il dinamismo e il progresso. Tre anni dopo, nel 1929, fu il momento del Manifesto dell’Aeropittura, un’innovativa espressione artistica che si librava nei cieli dell’immaginazione. In ogni ambito delle arti, Enrico Prampolini manifestò la sua vivace personalità: come aeropittore, confezionava visioni spirituali e “realità cosmiche” che trasportavano gli spettatori in dimensioni inesplorate.

La sua fama continuò a crescere, e Prampolini divenne un punto fermo nelle esposizioni futuriste, ma anche nelle prestigiose Biennali di Venezia e nelle Quadriennali romane, dove portava avanti il suo “idealismo cosmico”. Nel 1934, mise nero su bianco il manifesto “Al di là della pittura verso i polimaterici”, un’ulteriore evoluzione del suo stile. Le sue opere si trasformarono in paesaggi di materia e oggetti fluttuanti su sfondi eterei, creando forme surreali e, soprattutto, polimateriche, che sfidavano le convenzioni artistiche dell’epoca.

L’ULTIMO PERIODO A ROMA:

Al suo ritorno in Italia, nel 1941, tenne una straordinaria mostra presso la prestigiosa Galleria di Roma, un’opera d’arte in sé, una summa delle sue creazioni. Nel 1945, ha dato vita all’Art Club di Roma, una fondazione che ha aperto le porte alla sua espressione artistica, permettendogli di condividere regolarmente la sua genialità fino ai fervidi anni Cinquanta.

In tempi più recenti, si spinse oltre, esplorando le profondità dell’Informale, una dimensione artistica al di là dei confini tradizionali. Nel 1951, la sua audacia artistica lo condusse all’esposizione “Arte Astratta e Concreta in Italia” presso la rinomata Galleria Nazionale di Roma, un evento che lasciò un’impronta indelebile nella scena artistica.

Dopo aver svelato la sua ultima collezione personale alla Biennale del 1956, si eclissò il giorno successivo a Roma, nel culmine della sua fervida attività creativa, lasciando un vuoto profondo nell’anima del mondo dell’arte.

IL FUTURISMO:

Come già menzionato, le iniziali incursioni nel mondo futurista si fusero armoniosamente con le influenze dadaiste che affiorarono dall’incontro con Tzara. Le forme scattanti e dinamiche dell’universo futurista si intrecciarono sinuosamente con gli elementi distintivi del movimento Dada, soprattutto nei tumultuosi anni dieci del ventesimo secolo. In queste prime sperimentazioni artistiche, Enrico Prampolini emerse come l’insigne custode dell’Arte Meccanica.

Forme astratte e al di là di qualsiasi riferimento mimetico alla realtà si profilavano come contorni geometrici sullo sfondo, un esempio tangibile di ciò si riscontra in “Composizione B3” del 1922, un dipinto ancor oggi custodito con devozione a Modena. Ritmi incalzanti, accostamenti formali e palette cromatiche variopinte, linee e immagini provenienti dal reame dell’immaginazione popolavano queste creazioni degli anni venti.

La magnificenza meccanica del movimento e del lavoro si sublimava nella sua dimensione spirituale, trascendendo l’aspetto meramente esteriore. Ciò avveniva per onorare i ritmi interni, le emozioni e le pulsazioni profonde della macchina, spesso sfruttando materiali eterogenei con mirabile ingegno.

Nel 1926, alla prestigiosa Biennale di Venezia, Prampolini mise in mostra ben diciassette opere, tra cui “Il Costruttore”, “Danza Meccanica”,  e “Ritmo Architettonico”.

Nel 1927, presso la celebre esposizione dei Futuristi a Milano, le sue opere traevano ispirazione da titoli evocativi come “Forma e Spazio in Movimento”, “Architettura Femminile” e “Danza del Football”. Mentre nel 1929, in una successiva mostra, spiccava un lavoro significativo intitolato “Ritratto della Pittrice e Scrittrice Futurista Benedetta Marinetti – Architettura delle Atmosfere Spirituali”, tra le altre opere di rara bellezza.

LE OPERE MULTIMATERICHE E L’IDEALISMO COSMICO:

Nel lontano 1929, quando la firma di Prampolini decorava il Manifesto dell’Aeropittura, egli ne offriva una raffinata interpretazione di natura idealista. La sua concezione lirica e spirituale, già presente nell’ambito dell’arte meccanica, si riversava con grazia nella sua pittura celestiale. Egli diventava un ardente fautore di quello che chiamò “idealismo cosmico”, un concetto che permeava gli spazi e i paesaggi come una melodia sottile che si diffonde nell’aria.

E così, tra le tante creazioni svelate al mondo alla Biennale di Venezia del 1930, emergevano opere dal titolo evocativo: “Paesaggio femminile”, “Astronomia d’immagini”, e “Il Plastico Magico”.

In questo contesto, le forme evanescenti e immaginarie di Enrico Prampolini si arricchivano di un mosaico di materiali diversi. Basti pensare all’epica “Intervista con la materia”, un’opera in cui smalti, olio, sughero, legno e galatite si fondevano in una sinfonia artistica che oscillava tra scultura, oggetto e dipinto. Si trattava di un’opera intrisa di influenze dadaiste e cubiste, dove la creatività si lasciava guidare dall’incontro di diverse materie.

Una tappa cruciale nella carriera di Prampolini fu la sua protagonismo alla Mostra Futurista milanese del 1931, in cui presentò una serie di opere e modellini tra cui spiccavano “Scenodinamica per il dramma “Vulcani” di Marinetti”, e “Interno di Prampolini”.

Le personali di Enrico Prampolini continuarono a susseguirsi, ciascuna portatrice di nuove meraviglie. Nel 1932, alla Biennale di Venezia, e nel 1935, alla Quadriennale di Roma, egli esponeva opere affascinanti come “Paesaggio simultaneo”, “Magia della stratosferica – polimaterico” e “Vita cosmica”. Ma fu solo alla Quadriennale del 1943 che la serie degli “Incanti cosmici” fece la sua incantevole apparizione, dipinti che sembravano provenire da dimensioni al di là del tempo e dello spazio, incantando gli occhi e l’animo degli spettatori.

Dopo l’esperienza futurista, ha prodotto diversi materiali e opere, a volte influenzati dalle visioni del microcosmo. Dichiarò che il suo scopo era esprimere le estreme latitudini del mondo introspettivo.

Muore nel 1956 a Roma, dove è sepolto nel Cimitero del Verano.

 

 

Enrico Prampolini Scenografia futurista del film Thaïs
Enrico Prampolini: Scenografia futurista del film Thaïs

 

 Enrico Prampolini Paesaggio Cosmico
Enrico Prampolini: Paesaggio Cosmico

 

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